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Atreju e “La via italiana”: il grande laboratorio dove si rinnova l’immaginario nazionale

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Atreju, la kermesse della destra italiana, si contraddistingue da sempre per essere un momento di grande confronto sui temi della politica, della cultura e dell’attualità. Ma Atreju non è solo il luogo dove discutere e crescere: è anche il luogo dove si rinnova l’immaginario nazionale. Rinnovamento che il titolo vuole evocare. Le passate edizioni hanno messo in evidenza un’epoca, un passaggio, un tema, una posizione politica.

L’anno scorso “Bentornato orgoglio italiano” enfatizzava l’arrivo al potere di un Governo politico di destra, con l’intenzione chiara di rimettere al centro l’interesse nazionale. Nel 2019 il Marinettiano “Sfida alle stelle” era un slogan che si rivolgeva a un’Europa che doveva cambiare e che si avvicinava alle elezioni.  Nel 2013 si interpretava il tempo presente con “La terza guerra”, ossia quella tra la grande finanza e i popoli. Nel 2012 il titolo spavaldo “Senza paura” annunciava al mondo la nascita di un nuovo movimento politico che da lì a dieci anni avrebbe conquistato Palazzo Chigi. Insomma, ogni edizione ha avuto il suo leitmotiv, la sua lettura politica del contemporaneo, la sua volontà di costruire un immaginario nazionale.

La via italiana: i protagonisti e i perché

Quest’anno, la scelta è stata “La via italiana” per evidenziare l’approccio politico nei confronti delle grandi sfide globali. Esiste una via italiana all’Ia, alle tematiche ambientali, alla crisi nel vicino Oriente, così come esiste ed è esistita nella storia una via italiana all’arte, alla cultura, alla scienza. Una via, paradossalmente più riconosciuta all’estero che da noi. Una via che è l’ora di raccontare, sviscerare, presentare rinnovata al mondo.

Guardando alla storia passata, grandi personaggi si sono distinti per aver tracciato una via italiana: Enrico Mattei con la cooperazione non predatoria coi paesi del Mediterraneo, Adriano Olivetti con la sua impresa con al centro l’uomo. La via italiana è anche quella scelta da Marco Polo, nel suo lungo viaggio di diplomazia e commercio verso Est ed è anche la via di Guglielmo Marconi, che seppe costruirne una tutta italiana nell’etere.

Espressione, radicata, del sentimento popolare

L’Italia è ancora un Paese in grado di tracciare la sua via. Difatti, esiste una via italiana alla diplomazia, vedi il caso libanese prima dell’esplosione del conflitto. Esiste una via italiana ai flussi migratori, vedi il caso Albania, gli accordi con Tunisia, Algeria, Libia, Egitto e la nascita del Piano Mattei. Esiste poi una via italiana ai temi etici, vedi il caso della legge contro l’utero in affitto.

Queste scelte possono trovare il disaccordo di alcuni ma non tolgono l’evidenza che siano scelte fatte nel perseguimento di una via, specificatamente italiana, alla risoluzione di grandi questioni, non solo nazionali. Se poi aggiungiamo che queste scelte vengono fatte da un governo, democraticamente eletto, possiamo ammettere che sono l’espressione profonda di un radicato sentimento popolare, tutto italiano.

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