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L’accoglienza e la cultura millenaria dell’Armenia caratterizzano anche la forza di Yerevan

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Natura, cultura e avventura sono le pietre miliari dell’Armenia intese come simboli di rinascita e modernità. L’intelligenza e la laboriosità del suo popolo sono assai note, ma anche la laboriosità e l’indole pacifica. A sole 4 ore di volo dall’Italia, la capitale Yerevan si presenta come una culla che accoglie chi arriva in aeroporto. Qui, a qualsiasi ora del giorno e della notte, si assiste a momenti di un romanticismo spudorato in cui uomini e donne, in attesa dei propri cari, sventolano magnifici mazzi di fiori come fosse in atto una gara che premia il più bel bouquet.
A Yerevan, capitale dal 1918, anno che segna anche l’indipendenza del Paese e dunque la nascita della Prima Repubblica di Armenia, si respira l’essenza di una storia plurisecolare. Del resto, la capitale abitata fin dal 782 a.C. spinge a guardare anche il monte che la domina, l’Ararat, la cui vetta raggiunge 5137 metri. Per conoscere la storia della città rosa è importante vistare la Fortezza di Erebuni, la cui apertura è avvenuta nel 2750° anniversario della capitale. La scoperta dei tempi antichi sollecita a raggiungere anche l’Istituto culturale Matenadaran, custode di più di 20.000 manoscritti che raccontano la storia del popolo armeno, la sua arte, letteratura e le scienze naturali. La biblioteca del Matenadaran porta il nome del monaco cristiano, teologo e linguista armeno, Mesrop Mashtots, che nel 405 creò l’alfabeto per poter tradurre la Bibbia in armeno. Nella centralissima piazza della Repubblica è possibile visitare il Museo di storia dell’Armenia, fondato nel 1919 e inizialmente chiamato Biblioteca Museo etnografico antropologico che racconta la storia dell’Armenia dal paleolitico ai nostri giorni.
Osservando il centro storico si possono notare edifici in tufo nero con cornici intagliate, mentre in periferia dominano palazzi di impronta sovietica (nel 1920 comincia l’epoca sovietica e dura fino al 1992, anno in cui avvenne il crollo dell’Urss). La Capitale si propone in tutta la sua bellezza, ma anche nella sua originalità con le sue fontane di acqua multicolor pronte a creare spettacolari giochi serali nella centralissima piazza della Repubblica. D’estate le stesse fontane diventano i luoghi del Festival di Vardaver o Festival dell’acqua. Si tratta di una festa pagana in cui è frequente vedere persone di tutte le età inzupparsi d’acqua. Questo accade perché secondo un’antica leggenda, la dea Astghik diffondeva amore sul territorio armeno spargendo l’acqua di rose e regalando rose.
Sempre nel centro di Yerevan si trova la Cascade, una monumentale scalinata in pietra calcarea, larga 50 metri e lunga 302 con alla base un piacevole giardino dove si possono ammirare le statue di Botero. La parte superiore della scalinata è rimasta incompiuta a seguito della dichiarazione d’indipendenza dall’Unione Sovietica fino a quando, nel 2001, il filantropo e collezionista d’arte appartenente alla diaspora, Gerald L. Gefesjian, non ne rilevò il progetto portandolo a compimento e arricchendolo di una sua collezione di opere d’arte.
Sulla sommità della scalinata c’è un affaccio da cui si gode di una vista mozzafiato sull’Ararat, quello che segnò la fine del diluvio universale sostenendo il peso dell’Arca di Noè. Mentre si rimane a guardare il monte che segna anche il DNA del popolo armeno, ecco apparire a pochi metri di distanza da quella bellissima visione un cartello che indica l’impossibilità di accedere alla casa museo del grande chansonnier Charles Aznavour. “La casa museo è chiusa”, dice il cartello. E allora per questa ragione si va via con un po’ di dispiacere in ricordo di uno dei più influenti musicisti di tutti i tempi, icona francese e armena. Amato da tutto il mondo, Charles Aznavour fu anche uomo politico per la causa della sua Armenia contro lo sterminio voluto da un gruppo di ufficiali nazionalisti turchi con il genocidio commesso tra il 1915 e il 1917 dall’impero ottomano. Un genocidio che non si dimentica di fronte alla fiamma sempre accesa del Dzidzernagapert Memoriale del genocidio armeno, costruito all’interno di mura studiate ad hoc affinché nessuno potesse interrompere i lavori eseguiti per la sua costruzione durante il periodo di dominazione sovietica. Il 24 aprile di ogni anno il popolo armeno ricorda l’anniversario del Metz Yeghern (in armeno: il grande male).