Crisi Siria – Bashar al Assad è arrivato a Mosca con la famiglia, concesso l’asilo “per motivi umanitari”
Damasco è caduta, la Siria è sotto il controllo dei ribelli e un grande interrogativo ha riguardato per tutto il giorno il destino di Bashar al Assad. Fino a quando non è arrivato un lancio dell’agenzia Tass. Il presidente siriano spodestato dai ribelli Bashar Assad e i membri della sua famiglia sono arrivati a Mosca. Dopo giorni di voci, smentite e speculazioni, dal Cremlino è arrivato l’annuncio che il deposto presidente siriano Bashar Al Assad è fuggito a Mosca con la sua famiglia. E la Russia, alleato storico del rais caduto in rovina, ha concesso loro l’asilo “per motivi umanitari”, mettendo la parola fine al mistero che per giorni ha fatto correre all’impazzata le ipotesi più disparate sulla sorte del leader destituito, dal rifugio a Teheran, negli Emirati o in Africa, a chi addirittura lo aveva dato per morto, con il suo aereo abbattuto prima di lasciare il Paese.
Mosca ha poi fatto sapere di aver chiesto per lunedì una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “In relazione agli ultimi eventi in Siria, la cui portata e le cui conseguenze per questo Paese e per l’intera regione non sono ancora state misurate, la Russia ha chiesto urgenti consultazioni a porte chiuse del Consiglio di sicurezza Onu”, ha affermato il vice rappresentante della Russia alle Nazioni Unite, Dmitri Poliansky, su Telegram.
Quella della fuga a Mosca era l’ipotesi più accreditata per l’epilogo del fu leader siriano. La Russia è da sempre convinta sostenitrice di Assad, per il quale è intervenuta militarmente nel 2015 per dargli man forte nella guerra civile: un intervento cruciale, all’epoca, per la salvezza del regime alawita e delle strategiche basi russe nel Paese. Solo una settimana fa, mentre prendeva forma l’offensiva lampo dei ribelli, il rais si era recato nella capitale russa per confrontarsi con Vladimir Putin. E i legami con la Russia si estendono anche ai familiari del deposto presidente siriano: Hafez al Assad, il figlio maggiore, studia nella capitale russa dal 2016 e venerdì scorso – proprio nei giorni in cui il padre ha visitato Mosca – ha conseguito un dottorato in Scienze fisiche e matematiche, alla presenza tra gli altri della madre Asma, che sta curando una leucemia. Secondo il Wall Street Journal che cita funzionari arabi e siriani, la moglie e i figli di Assad sono rimasti in Russia da fine novembre, mentre i suoi cognati sono partiti per gli Emirati Arabi Uniti.
Dopo la caduta di Damasco e l’annuncio da parte dei ribelli della fuga del presidente, era stata proprio Mosca a confermare che Assad aveva abbandonato la Siria, insieme alle sue funzioni di capo di Stato, in un comunicato secondo cui – a conferma di alcune indiscrezioni riportate sabato sera da Bloomberg – l’ormai spodestato rais aveva negoziato la sua uscita di scena con “alcuni partecipanti al conflitto”. Resta poco chiaro quando Assad abbia messo in atto la sua fuga: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha molte fonti sul campo, l’ex presidente è partito con un volo privato decollato dall’aeroporto di Damasco alle 22 locali di sabato sera. Secondo invece due alti ufficiali dell’esercito siriano citate da Reuters online, Assad è salito su un aereo domenica mattina presto a Damasco.
A conferma di questa tesi, un volo della Syrian Air è decollato dallo scalo della capitale all’incirca nel momento in cui la città è stata presa dai ribelli, secondo i dati del sito web Flightradar. Inizialmente l’aereo ha volato verso la regione costiera siriana, roccaforte alawita, per poi fare una brusca inversione a U e scomparire dalla mappa dopo pochi minuti. Una sparizione dovuta con ogni probabilità allo spegnimento del transponder per non farsi rintracciare, ma che inizialmente aveva fatto ipotizzare – da fonti siriane citate da Reuters – anche un possibile abbattimento dell’aereo. Quale che sia il volo utilizzato, dopo aver lasciato Damasco Assad ha raggiunto con ogni probabilità la base russa a Hmeimim, nel governatorato di Latakia, per poi decollare alla volta di Mosca. Prima della conferma del Cremlino, una seconda ipotesi che circolava da giorni voleva il destituito leader siriano a Teheran, alleato storico del regime che tuttavia ha mostrato più pragmatismo che sostegno nelle ultime ore del rais. Una terza destinazione, ipotizzata dal capo dell’Osservatorio siriano Rami Abdel Rahman, erano gli Emirati Arabi Uniti, primo Paese del Golfo a ripristinare i legami interrotti con Damasco nel 2018. Mentre la Coalizione nazionale di opposizione siriana aveva addirittura ipotizzato un approdo in qualche Stato africano, sostenendo che il rais avesse trovato molte porte chiuse tra i suoi alleati, Mosca compresa.
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