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Racket della prostituzione cinese a Trieste, casa sequestrata in via Capodistria

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L’indagine sul racket della prostituzione cinese a Trieste si allarga. Dopo il sequestro dell’appartamento di via Tor San Piero 3 a Roiano, la Squadra mobile ha scoperto un altro alloggio in via Capodistria 43. Anche su questa abitazione sono stati posti i sigilli della Procura.

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Il fascicolo è in mano al procuratore Federico Frezza che ha indagato la cinquantacinquenne cinese Yanmei Guo, residente a Bologna ma operativa a Trieste.

La donna, difesa dall’avvocato d’ufficio Giuliano Iviani, è accusata di aver «favorito» gli incontri di varie ragazze sue connazionali, di cui per ora solamente una è stata identificata.

La cinquantacinquenne, stando all’inchiesta, aveva messo a disposizione l’abitazione di via Capodistria 43, affittata da altri proprietari.

Non solo. Yanmei Guo si occupava anche di inserire gli annunci delle prestazioni su siti come “Mosca rossa” e altri dal contenuto analogo. Ed era lei a gestire le telefonate e gli incontri con i clienti indirizzandoli nell’alloggio di via Capodistria 43, anche perché le giovani che si prostituivano non parlavano l’italiano.

L’inchiesta, come la precedente sull’appartamento di via Tor San Piero, parla esplicitamente di «sfruttamento» delle ragazze.

L’indagine ha accertato che l’organizzazione prevedeva un cambio piuttosto frequente di queste giovani, evidentemente vittime di una vera e propria tratta. Circostanza, questa, confermata anche dai clienti fermati dalla Squadra mobile nelle vicinanze dell’abitazione di via Capodistria dopo le prestazioni sessuali. «In quell’appartamento ero già stato – ha testimoniato un triestino identificato per strada dai poliziotti in borghese – mi aveva accolto una ragazza cinese che però non era la stessa di oggi».

Così un altro cliente: «Mi hanno accolto ragazze cinesi sempre diverse».

Un sistema sostanzialmente uguale a quello in corso in via Tor San Piero 3 (al primo piano), bloccato nei giorni scorsi grazie a un blitz della Mobile dopo un’inchiesta partita da mesi. Il via vai di quell’appartamento aveva peraltro sollevato l’indignazione dei residenti del condominio e dell’amministratore dello stabile, stufi di trovarsi tra i piedi, nell’atrio condominiale, sulle scale e nei pianerottoli, gli uomini in attesa del proprio turno. Da qui le segnalazioni alle autorità competenti e l’indagine.

Il caso a Roiano

L’operazione della Mobile nell’alloggio di Roiano aveva portato all’arresto della cinquantaduenne cinese Jing Chen, la donna che si occupava delle telefonate e degli appuntamenti. L’indagata, difesa dall’avvocato Enrico Miscia, è stata interrogata dal gip (che ha convalidato l’arresto) ma si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Era ristretta in carcere al Coroneo, ora è ai domiciliari in provincia di Alessandria.

Le inchieste sugli appartamenti dove vengono tenute le ragazze per prostituirsi rappresentano solo l’ultimo anello delle indagini dirette dalla Procura sul racket che sta dietro a questo genere di sfruttamento.

I precedenti

A giugno una doppia indagine del procuratore Frezza aveva scoperchiato un’organizzazione cinese che portava in Italia un flusso costante di connazionali che, a piccoli gruppi, venivano fatti atterrare in Serbia per essere accompagnati in auto attraversando Bosnia, Croazia, Slovenia e quindi il confine di Trieste.

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Le persone, comprese ragazze giovanissime, venivano poi trasportate a bordo di Suv in un punto di smistamento: un casolare di campagna, a Cazzago di Pianiga, tra Venezia e Padova, per i successivi trasferimenti nel resto dell’Italia. —

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