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Barilla, all'origine dell'oro verde (il basilico)

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È un piccolo dettaglio, ma ha dentro una grande storia. Svela una tradizione d’eccellenza, un racconto di puro made in Italy. È il codice Qr presente sull’etichetta del pesto alla genovese di Barilla. Basta inquadrarlo con il proprio smartphone per cominciare un viaggio: «Per incontrare i volti dei coltivatori che hanno lavorato al basilico contenuto in quel vasetto, scoprendo quando e dove è stato raccolto». A raccontare quello che, prima di tutto, è un gesto limpidezza, è Matteo Gori, presidente della categoria Sughi Barilla: «Dare alle persone la possibilità di conoscere chi ha coltivato e raccolto il nostro basilico al 100 per cento italiano, il nostro oro verde» conferma «significa dimostrargli ancora di più la nostra vicinanza, comunicando in maniera trasparente tutta la qualità di una filiera eccellente». Per spiegare meglio la preziosità e il rigore dell’iniziativa, occorre una piccola nota di puntiglio: alla base c’è la tecnologia blockchain che è in grado di garantire la validità di ogni singola informazione, di dare certezze circa la qualità e la provenienza del basilico. Ciò si lega alla collaborazione di Barilla con Connecting Food, la prima piattaforma europea per la tracciabilità e la trasparenza alimentare. Il Qr code, facilmente riconoscibile, dà accesso a una web app (non bisogna scaricare nulla sul telefono) in cui inserire il numero di lotto riportato sulla confezione. Il codice è presente nei vasetti di pesto alla genovese e nella sua variante senz’aglio distribuiti in Italia e, dallo scorso luglio, anche in altri 14 mercati del Vecchio continente. Tra le informazioni a disposizione, sicure e garantite, oltre al luogo di coltivazione, c’è anche il luogo di produzione di quel singolo vasetto. Una carta d’identità sui generis: più che un freddo documento, una narrazione viva e completa. «Il progetto» continua Gori «è stato reso possibile grazie al rapporto di fiducia instaurato con i basicoltori, che hanno partecipato in maniera propositiva nel fornire le informazioni necessarie per la tracciabilità. Barilla ha identificato e mappato tutti gli attori della filiera: un processo che ha coinvolto 50 unità operative, 19 aziende agricole e sei fornitori di basilico».

Si tratta del capitolo più recente e innovativo di una storia che comincia da lontano.

È vero. Quest’anno abbiamo celebrato i 30 anni di Pesto Barilla alla genovese. Il fattore che più di tutti ha reso possibile percorrere questa strada è il coraggio imprenditoriale di creare qualcosa che prima non esisteva, secondo una ricetta unica e inimitabile.

C’è qualche tappa fondamentale da ricordare?

Un’importante e decisa accelerazione è avvenuta nel 2012, con la nascita dello stabilimento di Rubbiano, in provincia di Parma, il più grande e sostenibile d’Europa, interamente dedicato alla produzione di sughi e pesti. È qui che ogni anno vengono trasformate oltre 55 mila tonnellate di pomodoro e basilico, realizzate 84 mila tonnellate di prodotto con 42 ricette diverse.

Quali sono i punti di forza dello stabilimento?

È una realtà all’avanguardia, in cui alti standard elevati di qualità, tecnologia 4.0, sicurezza alimentare, forte spinta all’internazionalizzazione e valorizzazione delle persone sono il cuore pulsante. Negli ultimi dieci anni sono stati investiti oltre 150 milioni di euro, 28 solo per la quinta linea di produzione, lunga 138 metri e in grado di produrre fino a 18 mila tonnellate di sughi all’anno, avviata proprio nel 2024. Oggi tale realtà dà lavoro a oltre 400 persone, di cui il 51 per cento sono donne e negli ultimi 4 anni ha assunto 110 talenti a tempo indeterminato.

Proprio a Rubbiano avete voluto celebrare l’anniversario dei 30 anni.

Esatto, con un murale artistico che colora la facciata dello stabilimento con i toni vivaci del basilico. Realizzata dall’illustratrice Marianna Tomaselli, l’opera è grande oltre 800 metri quadri e con i suoi colori risveglia palato e immaginazione.

Lo stesso effetto del pesto, un prodotto entrato a far parte delle nostre abitudini.

Per le sue origini bisogna guardare indietro al Secondo dopoguerra, quando iniziarono a cambiare i consumi: gli stili di vita più frenetici favorirono la diffusione di piatti veloci da preparare, senza però rinunciare al gusto delle ricette tradizionali.

Cosa accadde?

Per rispondere a queste esigenze, l’industria alimentare prese a commercializzare sughi pronti. Così Barilla, che già produceva pasta, iniziò a prepararli nel 1969, e nel 1994, per far fronte alla crescita e all’internazionalizzazione della domanda, avviò la produzione del pesto alla genovese.

Arrivando al presente, qual è la risposta del mercato?

Barilla si conferma leader mondiale della categoria pesto con il 40,7 per cento di quota a valore globale (fonte Nielsen, ndr), continuando a crescere nei suoi mercati principali: Italia, Germania e Francia. È il riflesso di una passione forte per una ricetta intramontabile. E da condimento per la pasta, il suo utilizzo si è evoluto: oggi è adatto anche a tante altre preparazioni.

Per esempio?

Il secondo impiego più frequente è sul pane, sulle bruschette o inserendo direttamente nel vasetto cracker o grissini. E poi è adoperato come salsa di accompagnamento per tante diverse preparazioni. I pesti di Barilla sono fatti principalmente di ingredienti vegetali, quindi ideali per chi segue una dieta vegetariana o senza carne.

All’origine, alla base di tutto, c’è la vostra «Carta del basilico». Può spiegare cos’è e perché è tanto importante?

È il disciplinare di produzione del basilico Barilla, sviluppato in collaborazione con agricoltori e partner storici, attraverso il quale il marchio ha assunto tre grandi impegni: garantire la produzione del basilico da agricoltura sostenibile, tutelare la biodiversità e sostenere le comunità di basicoltori. Barilla è il primo marchio a portare il basilico da agricoltura sostenibile a livello globale, certificandone la produzione.

Che valore assume la tracciabilità sui mercati stranieri?

È uno strumento che permette di risalire alla filiera 100 per cento italiana del basilico, ingrediente eroe di questo prodotto, garantendo la qualità inconfondibile e ampiamente riconosciuta all’estero del made in Italy. A emergere, in generale, è un costante bisogno di trasparenza nella ricerca delle informazioni: il consumatore attento si informa e sempre di più sceglie un prodotto per la sua qualità, per la provenienza e per i valori che porta con sé.

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