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Indiani sequestrati a Trieste, l’arrestato spacciava cocaina in Barriera

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Era uno spacciatore di cocaina il giovane arrestato lo scorso settembre per il sequestro di tre migranti indiani nell’appartamento al primo piano di via della Fabbrica 4, piccola trasversale di via Settefontane. Si chiama Zaid Muhammad, è nato in Pakistan e ha ventidue anni. Il gup Luigi Dainotti lo ha condannato con il rito abbreviato a 1 anno e 4 mesi di reclusione, oltre al pagamento di 1.600 euro di multa, per un giro di droga scoperto dalla Polizia locale a luglio.

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Il suo nome era emerso però a settembre, proprio nei giorni dell’indagine avviata dalla Squadra mobile sui tre profughi indiani rapiti e portati nell’appartamento di via della Fabbrica. I migranti, arrivati a Trieste dalla rotta balcanica analogamente ai loro sequestratori, erano stati picchiati, minacciati con i coltelli e nascosti in una stanza chiusa a chiave. Stando all’inchiesta della Mobile diretta dal pm Lucia Baldovin, all’epoca Zaid Muhammad aveva agito con la complicità di un connazionale: il ventiseienne Muhammad Aleem.

Per il rilascio dei tre rapiti era stato preteso un riscatto di 15 mila euro ai famigliari. «Ho motivo per pensare che il mio assistito non c’entri nulla con il rapimento», afferma il legale del condannato, l’avvocato Enrico Miscia. «Lui alloggiava in quell’abitazione perché stava scontando i domiciliari – aggiunge – ciò che è successo, con la vicenda del sequestro di persona, è qualcosa di più grande di lui. C’è altra gente dietro a quel fatto».

Zaid Muhammad non si trovava dunque casualmente in quell’appartamento di via della Fabbrica. Era ristretto ai domiciliari proprio per la vicenda dello spaccio di luglio: gli investigatori della Polizia locale, che evidentemente lo tenevano d’occhio, lo avevano fermato all’incrocio tra via Settefontane e largo Sonnino. Muhammad aveva addosso otto involucri di cocaina e 285 euro in contanti. Questo succedeva alle 17.10 del 17 luglio.

Nei giorni antecedenti il ventiduenne era stato sorpreso mentre vendeva la sostanza «in più occasioni», così negli atti, a un consumatore (N.N. le sue iniziali). A mezzogiorno del 12 luglio, in particolare, il giovane aveva ceduto due involucri di cocaina alla stessa persona per 150 euro. La consegna era avvenuta nel parcheggio antistante al Magazzino 28 in Porto Vecchio, sede del centro congressi.

Ma la doppia indagine della Polizia locale e della Squadra mobile ha svelato soprattutto lo spaccato criminale che grava sulla zona di via Settefontane, fra pusher e rapimenti. E non solo. Ha destato sospetti, infatti, anche la disponibilità di appartamenti da parte dei migranti identificati nel corso delle inchieste.

Chi gestisce gli alloggi? Chi li dà in affitto e incassa i soldi? I contratti sono regolari? L’appartamento di via della Fabbrica, dove erano stati nascosti i tre indiani, poche ore dopo l’arresto messo a segno dalla Mobile e la liberazione delle vittime, era ritornato nuovamente nelle mani di altri migranti: un giovane profugo pachistano aveva testimoniato di essere stato indirizzato proprio in quell’abitazione.

«Per farmi aprire devo telefonare a un pachistano. Lui viene e mi apre. Per un letto pago 150 euro...». —

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