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«Giacometti vale un voto in Consiglio», una telefonata che non aiuta Ceffa

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VIGEVANO. «Giacometti vale un voto in Consiglio, bisogna vedere cosa si aspetta e cosa le è stato prospettato». A parlare, al telefono, è un alto personaggio della municipalizzata di Vigevano che dovrà essere sentito dagli inquirenti proprio per chiarire il senso delle sue parole: non è indagato, a differenza di altri tre dirigenti di Asm Vigevano e Lomellina finiti agli arresti domiciliari insieme al sindaco leghista Andrea Ceffa per corruzione e falso.

I dirigenti sono sotto accusa proprio perché, nelle intercettazioni, sembrano essere consapevoli del piano ipotizzato dalla procura: assegnare un incarico di consulenza legale alla consigliera comunale e avvocata Roberta Giacometti per “comprare” il suo appoggio politico al sindaco Ceffa, che nella primavera del 2023 si ritrova più debole, con una maggioranza risicata.

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Il personaggio che parla con gli altri dirigenti sarà sentito come persona informata sui fatti, insieme alla collega di studio di Giacometti che avrebbe ottenuto la consulenza come prestanome, secondo la procura. Le loro testimonianze potrebbe essere già raccolte la prossima settimana, quando sono fissati anche gli interrogatori degli indagati.

Davanti al giudice

Oltre a Ceffa e Giacometti, saranno sentiti dal Gip tra lunedì e mercoledì anche Veronica Passarella, 52 anni, amministratore unico della partecipata Asm Vigevano e Lomellina, Alessandro Gabbi, 52 anni, direttore amministrativo di Asm, e Matteo Ciceri, 49 anni, amministratore di Vigevano Distribuzione Gas, una società del gruppo Asm. Saranno accompagnati dai loro avvocati (Luca Angeleri per Ceffa e Ciceri, Federica Casari per Giacometti, Marcello Caruso per Gabbi e Passarella) e potrebbero anche avvalersi della facoltà di non rispondere.

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Nella stessa settimana sarà sentito, il 4 dicembre, anche Alberto Righini, ex presidente provinciale di Ance e vice presidente regionale dell’associazione costruttori, indagato insieme all’ex europarlamentare Angelo Ciocca per istigazione alla corruzione nella cosiddetta “congiura di Sant’Andrea” (avrebbero offerto 15mila euro a un’altra consigliera, Emma Stepan, perché si dimettesse e facesse così cadere la giunta).

L’inquinamento delle prove

Il Gip ha accolto la richiesta dei domiciliari sulla base del rischio di reiterazione del reato (gli indagati hanno ancora incarichi nella pubblica amministrazione e potrebbero dunque commettere reati della stessa natura) e di inquinamento delle prove, dovendo ancora acquisire, appunto, le testimonianze di alcune persone informate sui fatti. A inguaiare Ceffa e i dirigenti sono le intercettazioni telefoniche registrate nel periodo della primavera dello scorso anno. Telefonate in cui i dirigenti sembrano essere non d’accordo sull’assegnazione di questo incarico e allo stesso tempo consapevoli che quella consulenza non serve all’azienda, ma che è necessario darla per fare un favore al sindaco. —