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Ноябрь
2024

Caro, vecchio Drupi il Fraschini è tutto suo. E a 77 anni riscopre il lusso dell’emozione

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E così, al milionesimo concerto e a 77 anni suonati, martedì sera Giampiero Anelli in arte Drupi si è tolto due sfizi in un colpo solo: cantare a Pavia in un teatro Fraschini tutto per lui e tornare a emozionarsi come un ragazzino, senza troppi filtri, serenamente a nudo davanti ai 700 fan che avevano fiutato l’evento (il concerto era sold out da settimane). Sarà che lui alle folle è abituato in visione orizzontale e la verticalità del Fraschini, vista dal palco, può dare un brivido anche a un vecchio leone che è andato otto volte a Sanremo e ha riempito la Piazza dell'Orologio a Praga come gli Stones.

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Ma quello andato in scena al Fraschini con la complice regia di Enzo Iacchetti, voce fuori campo tra un pezzo e l'altro, è stato un Drupi diverso dal consueto cliché del burbero scaviòn (raffigurato da Marco Lodola nella scultura che illumina il palco) che a Pavia conosciamo dagli anni Sessanta. Un Drupi sentimentale, saggio, finanche un po' ambientalista, innamorato di Dori e della vita, ammorbidito dagli anni e da una recente vicissitudine che gli ha cambiato le priorità. E così non ti aspetti, da lui e dalla sua faccia da bandito, quel po' di magone che gli prende raccontandosi o anche solo alzando il testone per guardare estasiato le torce accese dei telefonini che rendono il Fraschini un po' più magico di quel che già è di suo. Ne è uscita una serata ruspante e commovente, durata assai più del previsto, con Drupi che dopo il bis promesso al pubblico ("Regalami un sorriso") lascia andare le braccia lungo i fianchi: "Scusate, vorrei cantarne altre quindici ma non ce la faccio più".

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Il concerto

Con una scaletta che si snoda tra cavalli di battaglia e pezzi della produzione più recente, firmata con la moglie Dorina Dato e con Valentino Negri (amico, musicista e "uomo ovunque"), Drupi è tornato sul palco dopo il concerto di gennaio al Lirico di Milano che doveva rappresentare la prova generale di questo nuovo e più intimo capitolo di carriera. Ma, a 10 mesi di distanza, anche quella di Pavia si è rivelata una prova generale, la seconda, con Drupi impegnato in uno show spassosamente a ostacoli, tra sgabelli che non andavano bene (ne ha cambiati tre) ed equivoci sulla scaletta, auricolari caduti e jack non inseriti, fino all’infortunio in diretta, un taglio a un dito che si mette a sanguinare copiosamente e apre a Enzo l’opportunità di battute a raffica. Dove Drupi non sbaglia mai è nel canto, qualche pezzo è da ovazione.

Drupi si racconta in abbondanza. Dalla antica sliding door di “Vado via”, che nel ’73 gli apre le porte di Sanremo (Mia Martini rinuncia a cantarla, chiamano lui) quando ormai pensava di smettere («non volevo esibirmi tutta la via al night o sulle navi»). Alla recentissima sliding door di una telefonata che gli porta due notizie, una brutta («Hai un tumore») e una migliore(«Possiamo provare a curarlo»). E’ il momento più toccante della serata: «Questo è un siparietto che non farò mai più», premette, e fa scorrere le foto degli angeli dell’ospedale, li presenta per nome, li racconta, li ringrazia per come lo hanno curato e accudito. Si ferma un secondo, è il magone.

«Io non ne parlerei, ma un mio amico di Praga mi ha detto che è importante lanciare un messaggio di speranza, perché io sono ancora qua». Ancora qua, anche se per un po’, come canta in “Ma io rinascerò” - prima ridevo e cantavo a squarciagola / adesso tremo se devo dire una parola - è stato preda di brutti pensieri.

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Sarà anche per questo che Drupi è divertito più che imbarazzato quando gli intoppi tecnici (quasi tutti colpa sua) lo spiazzano un po’: «Quando ho iniziato avevo una chitarra e un amplificatore, adesso ho cuffie, due schermi, quattro spie, ma come si fa? Andiamo avanti, s’agh riési a rivà in fond». E’ anche un Drupi generoso, dà spazio a Dorina, a Valentino e alla corista Irene mentre si prende una pausa («Esci va’ - gli fa Iacchetti - che c’hai una certa»). E’ un Drupi stravolto e satollo di emozioni quello che saluta il pubblico a fine concerto: “Darò più acqua alle radici / e su cose più felici mi attaccherò”, e sembra proprio che lo stia facendo.