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Cosa cercano i ragazzi dalle aziende? Il mondo del lavoro spiegato da Virginia Stagni: «Cercate il vostro talento»

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Che correlazione hanno i videogiochi e il curriculum vitae? Ed è vero che in Italia il mondo del lavoro è pronto a un cambio di passo e mentalità? Ne abbiamo parlato con Virginia Stagni, designata da Forbes nel 2021 tra i migliori under 30, oggi capo marketing dell'agenzia del lavoro Adecco.

Tra i suoi traguardi anche quello "di essere la più giovane manager" del Financial Times in oltre 130 anni. In occasione del Top500, di cui Adecco era main sponsor, le abbiamo posto alcune domande sui giovani e il lavoro.

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Il mondo del lavoro sta cambiando ma non sempre le richieste delle aziende sono le stesse dei giovani. C'è un punto di incontro?

«Freud diceva: "Una persona diventa adulta in due momenti della vita: quando ama e quando lavora". Questa visione è attuale perché i ragazzi cercano nel lavoro un modo per crescere ed esprimersi. Teniamo conto che nel contesto lavorativo si vive più del 75% della vita. Ed è quindi importante capire come ricercare l'auto-realizzazione nel lavoro e nella formazione. Sulla base di ciò, le aziende hanno l'onere di mostrarsi flessibili alle esigenze del giovane e accompagnarli alla scoperta della dimensione lavorativa. Come? In un'ottica di apprendimento continuativo. Ricordiamo che la scuola italiana presenta un'impostazione prettamente teorica. Quindi spetta ai tutor aziendali guidare i giovani verso la formazione».

E quali prospettive lavorative ci sono per i giovani in Italia? È meglio andare all'estero?

«Dipende dai settori di riferimento. Se si è interessati a lavorare in piccole o medie imprese, l'Italia è un ottimo ambiente. Ad ogni modo, avendo io trascorso dieci anni all'estero, consiglio ai giovani di vivere un'esperienza di lavoro internazionale che aiuta ad aprire la mente e conoscere nuove realtà».

I Neet , cioè i ragazzi disoccupati e che non studiano, in Italia costituiscono il 30% della popolazione giovanile. In che modo Adecco può rispondere a questa problematica?

«Prima di tutto è necessario comprendere come i Neet impieghino il loro tempo e come avvicinarli al mondo del lavoro. Un progetto da noi elaborato è play2work, che promuove il gaming e supporta i gamers, una categoria di cui fa parte la maggioranza dei giovani. Lo scopo è quello di spiegare ai datori di lavoro come un giocatore può applicare le proprie abilità in un contesto lavorativo, e dar modo ai ragazzi di mostrare ciò che imparano dai videogiochi. In secondo luogo, il progetto prevede la stesura del curriculum vitae, comprendente anche le abilità sviluppate con l'esercizio videoludico utili in ambito professionale. Per esempio la velocità di prendere decisioni veloci in contesti di pressione».

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Quanto è importante l'educazione finanziaria? L'economia dovrebbe essere insegnata a scuola?

«L'educazione finanziaria è importante e i datori di lavoro hanno il ruolo di guidare i giovani inesperti anche sulla gestione pecuniaria. L'economia dovrebbe essere insegnata fin dalle scuole elementari perché è importante imparare a gestire la propria vita e le proprie finanze, una garanzia di libertà individuale. Si pensi che più del 35% delle donne italiane non ha un conto corrente personale, un ostacolo al raggiungimento dell'indipendenza».

E invece che ruolo ha avuto l'ambizione nel suo percorso di vita e lavoro?

«L'ambizione è sicuramente importante, ma per essere ambiziosi è fondamentale capire i propri interessi. A questo fine, è importante avere un confronto con persone più competenti che ci aiutino a trovare una strada. Da piccola non ero sicura su cosa fare da grande, ma ero interessata all'ambito della comunicazione e l'ambizione mi ha aiutata ad approfondire i miei interessi e mi ha aiutato a raggiungere i risultati che ho conseguito».

Virginia, lei ha studiato al liceo classico come alcuni di noi. Ritiene che lo studio delle materie umanistiche possa essere una competenza ricercata dai datori di lavoro?

«Si, lo studio delle lingue morte è un'elaborazione di scenari che si ripetono nella vita lavorativa. Questo bagaglio di competenze non risulta utile tanto come titolo nel Curriculum Vitae, quanto nelle relazioni lavorative interpersonali»