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Una birra al Turista sdogana il San Siro a Repetto. Max Pezzali: «Mauro ne merita dieci»

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PAVIA. Una faccenda di avvocati comunicata male. E per dirselo, per chiarire l’equivoco almeno tra di loro, Max Pezzali e Mauro Repetto hanno preso in mano il telefono e si sono dati appuntamento al bar del Turista, in piazzale Tevere, uno dei luoghi simbolo della band da loro fondata, gli 883. Non ci mettevano piede, insieme, dal 1991.

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A farli sedere allo stesso tavolino, davanti a due birre rigorosamente scure, proprio dove una ragnatela sul vetro, tanti anni fa, fu la scintilla di “Hanno ucciso l’uomo ragno”, è stato il clamore suscitato dalla diffida inviata dai legali di Max Pezzali alla giunta e al sindaco di Pavia, Michele Lissia, in cui si chiede di non assegnare a Repetto la benemerenza di San Siro perché questa inficerebbe la causa in corso tra Pezzali e Claudio Cecchetto, che registrò il marchio 883, sulla proprietà e l’uso del brand. «Mauro merita dieci San Siro e appoggerò la sua candidatura – dice sicuro Massimo Pezzali –. C’è stato un errore di comunicazione, purtroppo a volte con gli avvocati succede». Ride e intanto guarda l’amico Repetto, che lo corregge: «Sono comunque pronto a rinunciare alla benemerenza, la riceverò una volta che si sarà conclusa la causa».

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La candidatura

Repetto è nella rosa dei 12 candidati al riconoscimento cittadino per il suo apporto al progetto musicale degli 883, un ruolo sottolineato anche dalla serie televisiva sulla storia della band. «Alla fine questo errore di comunicazione è servito, perché ci ha spinto a ritrovarci e a spiegarci un po’ di cose – dice Pezzali –. Il problema è tutto tecnico ed è legato all’uso del nome 883, perché a oggi nessuno sa chi sia titolato a utilizzarlo». I due amici offrono la soluzione: «Basterebbe scrivere nella motivazione “A Mauro Repetto per quello che ha fatto e sta facendo per la città di Pavia”. Comunque alla fine questa storia è servita a farci fare dei passi avanti. Non ci vedevamo da un po’ di tempo, un po’ perché non c’era motivo ma anche per alcuni fraintendimenti, dinamiche che non sono mai dipese da noi. A noi non interessano i brand né le faccende legali. Prendiamo il successo della serie: alla fine tutti vogliono in qualche modo farne parte, tranne noi».

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«Colpa di una ragnatela»

Anche per Repetto «ciò che conta di più oggi è essere qui, dove in parte tutto è cominciato: con tutto il rispetto per San Siro, a me interessa il rapporto con Max. Abbiamo gioito di questa giornata, che vale più di tutto». Repetto guarda il vetro della finestra e racconta: «Eravamo proprio qui quando Max guardando una ragnatela disse per la prima volta la frase “Hanno ucciso l’uomo ragno”, e ci siamo detti subito che era una frase un po’ del cavolo. Ma oggi volevamo tornare al punto di partenza, al di là delle beghe tra avvocati».

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