Tensioni nella Lega, autonomia differenziata e il nodo elezioni regionali in Veneto
Aspetta di capire cosa ne sarà della legge sull’autonomia differenziata, la Lega. Di scoprire se effettivamente Fratelli d’Italia rivendicherà la presidenza della Regione. Ma anche di capire se la partita per il quarto mandato di Zaia è davvero chiusa, oppure se c’è qualche margine per le trattative.
È il periodo delle attese, per la Lega. Ma è un’attesa che logora, di fronte a un consenso in caduta libera, sancito dal risultato elettorale in Umbria: l’ennesima batosta, per questo partito in crisi di identità, che veleggia tra l’estremismo dell’Europa sovranista chiamata sul palco di Pontida e la moderazione dell’ala zaiana.
La Lega freme. Intorno si parla, si parla tantissimo. Ma è chiacchiericcio di fondo. Perché le sole voci che contano sono quelle di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini, che dialogano. E la premier avrebbe fatto sapere al suo vice al governo che questo non è il momento: non è il momento per parlare di elezioni che potrebbero celebrarsi tra un anno e mezzo, non è certo il momento delle rivendicazioni.
Nodo elezioni in Veneto
E allora anche l’ormai celebre botta e risposta tra il veneto Luca Zaia e il segretario Matteo Salvini – mercoledì scorso, nel corso del Consiglio federale – assume più i contorni del duello privato, quasi della resa dei conti, a tre settimane da un congresso lombardo – in programma il 15 dicembre – fondamentale per Salvini, sempre più sulla graticola. E in attesa, poi, del federale, quando il “capitano” chiederà – dice lui: per l’ultima volta – la conferma a segretario.
Si dice che Matteo Salvini proprio non sia riuscito a perdonare il “gran rifiuto” del Doge Luca Zaia alla ribalta delle elezioni europee. E che, da allora, non gliene abbia fatta passare mezza. Ma si racconta anche che Zaia abbia trovato sempre molto deboli i tentativi leghisti, in Parlamento, di strappare un nuovo mandato in Regione.
Dopo lo scontro, sono stati tanti gli amministratori che hanno chiamato Zaia, per manifestargli solidarietà. Per dirgli che sono dalla sua parte, nella sua crociata per fare tornare il Veneto il sindacato del Nord, nella sua battaglia contro la deriva sovranista.
Ma intanto le pagine dei giornali e le chiacchiere nei corridoi dei palazzi della politica sono riempite dalle altre voci: sul futuro amministrativo del Veneto, sul futuro dello stesso Zaia.
Ma è un futuro del quale non si inizierà a parlare prima della prossima primavera. Anche perché prima c’è la manovra, e c’è pure la riforma per il premierato, vera priorità per il governo di FdI.
Salvini però conosce le regole della comunicazione e non si nega: parla, risponde, attacca, dipinge scenari. Perché l’importante è tenere alta l’attenzione, anche a proposito di questioni ora assolutamente lontane da qualsiasi tavolo e che verranno trattate solo da qui a qualche mese.
Autonomia differenziata
E non c’è soltanto Salvini, ma anche i suoi, che gli vanno dietro. E così il sindaco di Treviso, Mario Conte, accreditato tra i possibili eredi di Zaia, scandisce: «In Regione siamo pronti a correre anche da soli, non accetteremo soluzioni paracadutate da tavoli nazionali. Io sostengo questa linea ma la sostiene anche il nostro segretario regionale Alberto Stefani».
Mentre Luca Toccalini, segretario di Lega giovani e in corsa per la segreteria lombarda, a margine degli Stati Generali del partito a Milano, affonda il colpo: «Sul fronte dell’Autonomia, noi siamo sempre stati coerenti, Fratelli d'Italia mi sembra molto coerente, mentre Forza Italia dovrà forse spiegare ai suoi elettori perché qualcuno ha cambiato idea in questi mesi».
Perché la prima questione, per la Lega, resta l’Autonomia differenziata. Azzoppata dalla decisione della Corte Costituzionale, che, con una sentenza che dovrebbe essere disponibile tra una ventina di giorni, ha sancito l’incostituzionalità di sette punti.
I leghisti si mostrano sereni, cercando di spostare l’attenzione su un’altra questione: la decisione della Consulta quasi certamente sbarrerà le porte al referendum abrogativo. Ma il timore per una frenata, che in realtà potrebbe segnare la fine dell’ambizione autonomista, c’è tutto. E allora, anche qui, bisognerà aspettare.