Domenica si vota in Romania: Ciolacu, Simion e l’effetto Trump
Un Paese-chiave, sul fronte orientale di Ue e Nato, che va alle urne e potrebbe osservare una svolta assai simile a quella registrata negli Usa. O quantomeno l’avanzata di un candidato controverso, un nazional-populista, contrario ad aiutare l’Ucraina, esponente di una destra radicale che ha sempre più seguito soprattutto tra i giovani. E che ha come “modello” proprio Donald Trump, ma anche Kaczynski e Meloni.
Primo turno domenica
È la Romania, dove domenica si vota per il primo turno delle presidenziali – con ballottaggio praticamente certo l’8 dicembre – mentre i partiti affilano le armi anche per le elezioni parlamentari in agenda il 1° dicembre. Tutti gli occhi, a Bucarest, sono però ora puntati sul voto per la poltrona di capo dello Stato, in programma il 24 novembre, con i romeni che dovranno scegliere il successore del centrista ed europeista Klaus Iohannis, in carica dal 2014.
Una dozzina di candidati
La scelta, alle urne, è ampia, con una dozzina di candidati in corsa, ma secondo i sondaggi sono solo due i “cavalli” più quotati, destinati a raggiungere il secondo turno. Il primo è l’attuale primo ministro, Marcel Ciolacu, 56 anni, socialdemocratico moderato e leader del Psd, alla testa di una “Grosse Koalition” con il Partito Nazionale Liberale (Pnl), di centrodestra. Strenuo sostenitore di Ue e Nato e dell’Ucraina, Ciolacu ha avvisato gli elettori che il voto di domenica «non riguarda noi». È invece un voto «che tocca il contesto internazionale», con Bucarest che dovrebbe dunque mantenere la linea euro-atlantica e «prepararsi a scenari negativi». E soprattutto continuare a rafforzare il fronte Est, con la Romania che è già oggi «un fattore cruciale» in questo senso, «con il 2,5% del Pil investito nella difesa, ha ricordato su X Ciolacu, che secondo i sondaggi è quotato a circa il 24-26%.
Le tensioni sullo sfondo
Ma non ci sono solo la guerra in Ucraina e la Nato nei pensieri di molti romeni, più preoccupati dal costo della vita, dall’inflazione e dalle turbolenze in economia che dalla geopolitica. È su questa ampia fascia di insoddisfatti che punta il secondo candidato più quotato, George Simion, leader dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur), partito di destra, per molti analisti estrema, fra le formazioni più nazionaliste e conservatrici al momento attive nell’Europa centro-orientale, fieramente no-vax. «Sono uno di voi, non uno di loro, sarò sempre per e tra la gente, parlando di fabbriche chiuse, disoccupazione, di povertà che costringe i giovani a emigrare», ha affermato Simion davanti ai suoi sostenitori. Simion, per i sondaggisti, potrebbe conquistare il 15-18% al primo turno, arrivando al ballottaggio e mettendo a rischio le speranze di vittoria di Ciolacu al secondo round.
Le sparate populiste
Consensi, per il leader di destra, che arrivano da sparate populiste che hanno presa su molti elettori. «Voglio la pace in Ucraina come Trump», ha promesso Simion, molto popolare tra emigrati e giovanissimi, che nel suo programma ha anche il ripristino dei confini romeni al 1940 – inglobando dunque territori oggi bulgari, moldavi e ucraini – ed è un fiero oppositore dell’introduzione dell’euro e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Per il secondo posto e dunque per l’accesso al ballottaggio in corsa anche l’ex premier Nicolae Ciuca (Pnl). Potenziali sorprese, l’ex vice-segretaria generale Nato, Mircea Geoana e la leader dell’Usr (centrodestra), Elena Lasconi.