Morto Daniele Rinaldo, ingegnere del Mose: il dolore per la sua morte improvvisa
In gioventù era stato un grande campione di rugby. Campione d’Italia con la maglia del Petrarca Padova. Poi era stato colpito da una malattia terribile, la Sla. In sedia a rotelle da 12 anni, ha continuato a lavorare. Adesso Daniele Rinaldo, ingegnere (fratello di Andrea, presidente dell’Istituto veneto e Nobel dell’acqua), è morto improvvisamente per un attacco cardiaco nell’ospedale di Dolo, dov’era ricoverato. Disperata la moglie Maria Teresa, ingegnera anche lei, che lo ha seguito con amore fino all’ultimo.
«Era malato ma combatteva. È stata una cosa improvvisa» ha commentato tra le lacrime. Daniele Rinaldo, 63 anni, si era laureato in Idraulica alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova. Aveva fondato un suo studio privato, con sede a Marghera dove lavorava insieme al figlio Andrea. Era stato un importante consulente per tanti progetti della salvaguardia e del Mose, le barene artificiali, le correnti, la laguna. Ma le sue energie erano state dedicate negli ultimi anni a completare il progetto per la difesa della Basilica di San Marco dall’acqua alta. Le famose barriere in vetro. Idea geniale, condivisa con l’architetto Mario Piana, per proteggere in via provvisoria la Basilica di San Marco, in attesa dell’entrata in funzione del Mose e delle opere di difesa locale.Un cammino difficile, quello del progetto. Fermato e rinviato più volte rinviato. «Non ha alcun impatto, costa poco ed è necessario» diceva.
Finalmente l’anno scorso l’inaugurazione. Da allora, a dispetto dei critici e dei burocrati, la Basilica non è più andata sott’acqua.
Rinaldo era molto noto anche in ambito portuale. Suo il progetto delle difese in Canale dei Petroli, che aveva suscitato l’opposizione degli ambientalisti per i materiali usati e gli scavi. Lui lo aveva modificato e ripresentato, si era detto pronto a discuterne. Tra loro Stefano Boato, esponente dei Verdi, scomparso qualche mese fa. Tra loro accesi contrasti, ma grande rispetto personale.
Daniele Rinaldo era in cura da anni nell’ospedale israeliano di Tel Aviv. Lì gli praticavano costose cure dedicate alla Sla, a base di cellule staminali, che in Italia non sono autorizzate. Un appello lanciato al ministero e alla Regione per introdurre queste pratiche anche nel nostro Paese non aveva avuto esito. Dunque due volte l’anno Rinaldo andava a curarsi in Israele. Poi la situazione politica e la guerra hanno causato la sospensione dei viaggi e delle cure che avevano dato su di lui risultati sorprendenti. E le sue condizioni si sono aggravate, fino a portarlo a poco a poco alla morte.
I funerali di Daniele Rinaldo si terranno nella chiesa dei Carmini a Venezia la settimana prossima