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Ucraina, quale pace con Trump presidente Usa? Perdite territoriali, zona smilitarizzata e futura sicurezza di Kiev: i nodi in fondo alla guerra

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In campagna elettorale Donald Trump ha più volte ripetuto: “Farò finire la guerra in Ucraina in 24 ore”. Non ha però mai detto come. Una serie di dichiarazioni – sue, del suo vice JD Vance, di suoi collaboratori – lasciano comunque pochi dubbi su quanto avverrà nei prossimi mesi. L’Ucraina sarà costretta al tavolo dei negoziati. Le perdite territoriali sinora subite da Kiev verranno sancite. Il tema vero, su cui al momento permangono molti dubbi, è quanto avverrà dopo l’accordo sulla fine della guerra.

Oltre ad affermare di essere in grado di far finire la guerra velocemente, Trump ha più volte criticato l’enorme aiuto militare, finanziario, umanitario offerto dall’amministrazione Biden all’Ucraina – 108 miliardi dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. Il futuro presidente Usa ha anche definito Volodymyr Zelensky “il più grande venditore di tutti i tempi”, proprio per la sua capacità di ottenere aiuti sempre più consistenti da parte di Washington. Trump non è però mai entrato davvero nei dettagli di un eventuale piano per la fine dei combattimenti. Molto più esplicito è stato il suo vice JD Vance che, dopo aver spiegato di “non essere interessato a quanto succede all’Ucraina, in un modo o nell’altro”, ha precisato in una serie di interviste che “l’Ucraina deve prendere atto della realtà”. La realtà è che Kiev non ha le forze per sostenere il conflitto e gli Stati Uniti non hanno la possibilità finanziaria e militare di sopperire ai bisogni della guerra ucraina. Di qui la conclusione di Vance, enunciata durante lo Shawn Ryan Show, il podcast di un ex Navy Seal. Mettersi a un tavolo con russi, ucraini, europei. Dire “ragazzi, ora dovete immaginare una sorta di accordo di pace”. Permettere alla Russia di mantenere il controllo definitivo sulle aree sinora conquistate creando una sorta di area de-militarizzata lungo l’attuale linea del fronte.

Su questa posizione si sono ritrovati anche due membri dello staff del National Security Council durante il primo mandato di Trump, Keith Kellog e Fred Fleitz, che hanno proposto in un loro recente documento, presentato proprio al tycoon, un cessate il fuoco basato sull’attuale linea del fronte. Su questa posizione si è ritrovato Michael Waltz, il deputato della Florida che Trump ha scelto come proprio consigliere alla sicurezza nazionale, che ha criticato il flusso di aiuti all’Ucraina deciso da Biden e ha messo in discussione l’ipotesi di un sostegno Usa alla completa liberazione dell’Ucraina. La recente decisione di Biden di consentire all’Ucraina di usare sistemi missilistici ATACMS – e la scelta, ad essa collegata, di mandare all’Ucraina anche mine antiuomo – è stata rapidamente condannata da diversi esponenti del circolo Trump. Ha scritto in un post su X Donald Trump Jr: “Il complesso militare industriale sembra voler essere sicuro di far esplodere la terza guerra mondiale prima che mio padre abbia la possibilità di stabilire la pace e salvare delle vite”.

Se questo è il contesto, è fuori di dubbio che la strategia americana nei confronti dell’Ucraina sia destinata a cambiare nei prossimi mesi. Trump farà quello che Joe Biden non ha mai fatto, e che gli ucraini hanno sempre detto che non avrebbero mai accettato. Chiederà all’Ucraina di accettare perdite territoriali, rispetto ai confini stabiliti nella dichiarazione di indipendenza del 1991, in cambio del cessate il fuoco e di un rinnovato aiuto americano. Bisogna ovviamente capire di quali dimensioni sarà la rinuncia territoriale ucraina. Quali saranno i tempi del negoziato. Quanto i russi si annetteranno delle province occupate di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson. Quanto Kiev potrà far valere come merce di scambio la conquista, avvenuta durante l’estate, di parti della regione russa di Kursk – la cui difesa è sostanzialmente la ragione per cui Biden ha dato il via libera all’uso degli Atacms dentro il territorio russo. E quali dimensioni avrà la possibile zona cuscinetto lungo l’attuale fronte di guerra. Queste sono però questioni da decidere durante il negoziato. Il dato è uno. Trump accelera l’inevitabile. Gli ucraini hanno una gran voglia di porre fine a una guerra che ha distrutto il Paese. Anche i russi sembrano disponibili a cessare le ostilità. L’invasione dell’Ucraina ha provocato enormi perdite umane e problemi seri all’economia di Mosca. E una maggioranza crescente di americani è stanca di mandare soldi a Kiev. Sono le condizioni perfette per arrivare ai negoziati e al cessate il fuoco.

Ciò che appare oggi ancora piuttosto opaco è ciò che succederà dopo la fine del conflitto, quando le parti avranno raggiunto un primo accordo. La cosa riguarda in primo luogo l’Ucraina. Per il governo di Kiev diventa infatti a questo punto indispensabile, vitale, assicurarsi contro un futuro nuovo attacco russo. “I colloqui dovranno basarsi su garanzie precise. Per l’Ucraina, niente è più importante”, ha detto Roman Kostenko, presidente del Comitato per la difesa e l’intelligence del parlamento ucraino. In altre parole: la questione territoriale diventa a questo punto secondaria per Kiev. La vera questione è quella delle garanzie di sicurezza. Se l’Ucraina viene costretta a un tavolo negoziale dove dovrà accettare pesanti perdite territoriali, dovrà avere in cambio assicurazioni molto solide sul fatto che la cose non si ripeterà nel prossimo futuro. Gli ucraini sono scettici sull’impegno russo a non riprendere le armi o a fomentare uno stato di guerriglia continua ai confini – come avvenuto nel periodo che va dai cessate il fuoco del 2014 e del 2015, fino alla nuova invasione russa del 2022.

La mancanza di vere garanzie di sicurezza per l’Ucraina – potenziamento del suo arsenale militare, impegno occidentale a intervenire in caso di nuova invasione – potrebbe quindi rendere debole un eventuale accordo imposto dagli Stati Uniti di Trump. Senza contare un altro elemento che rende il quadro ancora più fluido e incerto. Quello del futuro della NATO. La Russia potrebbe acconsentire ad alcune delle garanzie di sicurezza richieste da Kiev. Non darà però mai il via libera all’entrata di Kiev nell’Alleanza Atlantica. Trump, peraltro, ha in questi anni segnalato molto chiaramente la volontà di ripensare il ruolo dell’Alleanza. In campagna elettorale ha spiegato di non voler continuare a difendere le nazioni “delinquenti”, quelle che non contribuiscono al bilancio della NATO, e ha anzi detto che da presidente incoraggerà la Russia “a fare ciò che diavolo vuole” con gli alleati debitori. In gioco, nello scacchiere ucraino, c’è dunque anche il futuro della NATO. Un accordo con la Russia che dovesse indebolire il futuro dell’Alleanza porterebbe a forti reazioni interne agli Stati Uniti, da parte di un mondo militare, diplomatico, politico, economico, che quell’Alleanza continua a sostenere. Le richieste di un atteggiamento più aggressivo e conflittuale nei confronti di Mosca potrebbero aumentare. E ciò renderebbe sul lungo periodo aleatorio, instabile, il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina.

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