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Assemblea M5s, essere antisistema non ci basta più. No ai dogmi: sappiamo cosa vogliamo

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Se la diversità dagli altri partiti è stata la grande forza del M5s delle origini, l’ossessione per la diversità sta diventando la sua più grande debolezza. A parere di chi scrive la vera debolezza del M5s di oggi non è nella crisi di identità (sappiamo benissimo che Paese vogliamo), ma nella ostinazione che il nostro racconto, qualunque sia, possa bastare a noi stessi.

Il M5s delle origini ha avuto il merito e la fortuna di veder coincidere pensieri e parole e la capacità di interpretare quel comune sentire di ribellione contro un sistema politico ormai desueto agli occhi della maggioranza degli italiani. Per quella prima fase il racconto della forza antisistema, la sua dirompente capacità comunicativa bastava a se stesso. Da quel Movimento ci si aspettava ostinata ribellione al sistema e nulla più. E anche da parte dell’allora dirigenza lo sforzo di costruire una rete solida, capillare e strutturata è stato minimo. Bastava una piattaforma online, qualche slogan efficace, la feroce critica alla classe politica, poche ambiziose proposte, per attrarre le anime più disparate.

Ma quando il vento di cambiamento smette inevitabilmente di spirare, quando non sei più nuovo e incontaminato, quando sconti il peso delle scelte che da forza di governo hai necessariamente compiuto, anche nelle più clamorose emergenze, quel racconto non basta più. La sostanza sovrasta la forma e in politica la sostanza vuol dire avere solide fondamenta su cui costruire un impianto forte e duraturo nel tempo e nello spazio.

Questo sforzo a mia memoria non è mai stato compiuto fino in fondo, perché costruire un partito vuol dire ammettere di essere tale e per molto tempo siamo rimasti ostaggio di noi stessi. Prigionieri di dogmi e tabù, regole intoccabili, parole impronunciabili, timorosi di tradire la nostra natura ibrida e ostinati a non voler essere inquadrati in categorie statiche. Ma per l’eterogenesi dei fini, mentre tutto intorno a noi ha continuato a scorrere, la tendenza prevalente del “Movimento” è stata quella di rimanere fermo e ostentare somiglianza a qualcosa che non eravamo più.

Oggi al Movimento non serve continuare a dirsi diversi dagli altri, serve presenza costante sul territorio, quindi investire risorse economiche e umane. Serve formare una classe dirigente seria e affidabile, ma che sappia rinnovarsi dando fiducia alle tante e ai tanti giovani che sanno guardare al futuro e fare rete, che non si chiudono in gruppi ristretti di veterani ma che sanno accogliere nuove energie e incanalarle in partecipazione civica. Serve essere aperti all’esterno senza timore di perdere rendite di posizione dovute all’anzianità di militanza. Serve l’attivismo con la A maiuscola, che non si riduca nella mera critica a chiunque faccia qualcosa, ma che sia propositivo e partecipe alla vita delle proprie comunità.

Nelle recenti elezioni regionali, il M5S è stata la forza politica meno trainata dalle preferenze. In Emilia Romagna, il più votato del partito che ha preso la metà dei nostri voti, ha raggiunto il quadruplo delle preferenze del nostro primo e unico eletto (guarda caso un nostro bravo e giovane attivista). Sia in Emilia Romagna, sia in Umbria, abbiamo dovuto rinunciare a potenziali candidati forti come i nostri consiglieri regionali uscenti o ex parlamentari bravi e capaci. Inutile allora celebrare riti funebri all’indomani di ogni elezione locale, inutile ogni riflessione filosofica se non ci diciamo chiaramente che a livello locale siamo il vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.

Sul piano prettamente politico, non credo che dobbiamo andare alla ricerca della nostra identità. Il Movimento di oggi e in cui io mi riconosco ha un’identità chiara e marcatamente progressista, orientata a costruire un Paese in cui i diritti degli individui si espandono e non si restringono, in cui lo Stato orienta le scelte economiche verso soluzioni sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale, dove il futuro non si rinnega né si rincorre, ma si anticipa con visione e coraggio. Un Paese in cui la spesa pubblica è orientata a costruire un sistema sanitario e di istruzione universali, dove l’etica sia lo spirito guida di chi ricopre funzioni pubbliche. Non dobbiamo cercare identità perdute, ma affermare con orgoglio e convinzione chi siamo e cosa vogliamo, senza preoccuparci troppo della comunanza di idee con altri partiti, semmai concentrare le nostre energie per mettere in comune queste identità ed invertire la rotta in cui questo governo di destra ci sta portando. Il nostro unico e vero avversario politico.

Non so cosa accadrà nei prossimi giorni e se il M5s avrà la maturità di emanciparsi da sé stesso e compiere questo definitivo scatto in avanti, ma è da qui che dipende la nostra sopravvivenza politica.

L'articolo Assemblea M5s, essere antisistema non ci basta più. No ai dogmi: sappiamo cosa vogliamo proviene da Il Fatto Quotidiano.