ru24.pro
World News
Ноябрь
2024

Il governo vuole realmente cambiare la web tax?

0

Servono soldi. E con la manovra 2025, il governo italiano prova a pescarli un po’ dappertutto. Impossibile, dunque, non pensare all’ecosistema del digitale che – essendo uno dei settori più sensibili per crescita e opportunità di fatturato – è entrato da tempo nel mirino di tutte le cancellerie europee, come possibile terreno per recuperare (anche giustamente) delle risorse da mettere a disposizione dei cittadini. Tuttavia, bisogna sempre capire di che web stiamo parlando: quello delle grandi aziende di Big Tech, che hanno fatturati miliardari e che stanno inevitabilmente cambiando le nostre abitudini quotidiane, oppure quello delle piccole e medie imprese nazionali, che sfruttano la vetrina digitale per cercare faticosamente di trovare il proprio posto al sole? Ovviamente, una equa web tax dovrebbe impattare principalmente sulle prime e non sulle seconde. La digital service tax italiana – prevista nella prossima manovra – sembra, invece, voler colpire tutti, con quello che assomiglia molto a un taglio orizzontale. Per questo, una parte di maggioranza starebbe pensando a dei cambiamenti sulla Digital Service Tax.

LEGGI ANCHE > Perché la nuova “Digital service tax” italiana penalizzerebbe le PMI (e non Big Tech)

Cambiamenti Digital Service Tax, cosa bolle in pentola

In Italia, esiste già una web tax. Solo le aziende con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro e 5,5 milioni di eurotuttavia erano colpite da questa imposta. Secondo la manovra vidimata dall’esecutivo (e che adesso è al vaglio del parlamento prima dell’approvazione definitiva di fine anno), adesso la web tax dovrebbe colpire tutte le aziende (quindi anche le PMI) che operano sul digitale. E dovrebbe farlo attraverso un’imposta del 3% senza alcun limite di ricavo.

Va da sé che una soluzione di questo genere – come vi abbiamo già spiegato in un altro monografico sul tema – andrebbe a essere sin troppo penalizzante per chi opera sul web. Pensate ad esempio ai giornali come il nostro. Indipendentemente dal loro fatturato, senza considerare se siano o meno stati in grado di generare utili, con l’attuale previsione andrebbero a versare, a fine anno, il 3% dei loro ricavi in tasse. Non di certo un supporto allo sviluppo, soprattutto in un’epoca che avrebbe bisogno di maggiori incentivi alla digitalizzazione. Dei servizi, certo, ma anche del sapere.

Per questo motivo, una parte di maggioranza sta riflettendo sul da farsi. Soprattutto Forza Italia starebbe lavorando per escludere le testate giornalistiche online registrate presso i tribunali di competenza da questa misura. L’obiettivo è quello di salvaguardare loro, ma anche i network di notizie più grandi (come Rai, Mediaset e Sky) che hanno nel digitale un asset importante, che spesso è più di un completamento della loro attività broadcast. Al momento, però, l’esito di questa trattativa sembra essere piuttosto incerto, dal momento che – dagli altri due pilastri su cui la maggioranza si regge, Lega e Fratelli d’Italia – non sono arrivate indicazioni. Anzi, la proposta sembra essere stata accolta in maniera piuttosto fredda. In questa mini-faida interna, però, passa molto del futuro sviluppo del web in Italia. E non è una bella notizia.

L'articolo Il governo vuole realmente cambiare la web tax? proviene da Giornalettismo.