«Nessun illecito, lo dimostreremo»: Palude Venezia, Ceron e Donadini rompono il silenzio
Fin ora avevano scelto la linea del silenzio, come gran parte degli indagati nell’inchiesta Palude. Ma con la pubblicazione della sentenza del Riesame che ha negato loro la restituzione dei dispositivi elettronici sequestrati dai finanzieri il 16 luglio, davanti alle parole del giudice che pare dar ragione all’ipotesi accusatoria, sia Morris Ceron, direttore generale del Comune, che Derek Donadini, vice capo di gabinetto, hanno deciso di aprirsi. Ciascuno per sé, ciascuno con un proprio scritto, ma in un binario comune. Quello dello sbigottimento, dell’amarezza e della proclamata innocenza.
La difesa di Donadini
«Le affermazioni che avevo letto sui giornali da luglio di quest'anno fino ad oggi mi avevano sempre lasciato esterrefatto. Ora, in occasione del riesame contro il decreto di perquisizione e sequestro che mi è stato notificato lo scorso 16 luglio ho potuto avere accesso per la prima volta solo ad una parte degli atti di indagine, così come solo questa parte dell’indagine è stata esaminata dal Tribunale del riesame di Venezia. Ribatterò colpo su colpo a tutte le accuse quando potrò conoscere tutte le indagini, anche quelle che sono già state svolte e di cui hanno parlato i giornali in questi ultimi tre mesi, ma che, per motivi che non comprendo, non sono state trasmesse al Tribunale del riesame e che io quindi non posso conoscere». Questo era Derek Donadini.
Le parole di Ceron
Morris Ceron non si discosta troppo: «Per oltre quattro mesi non ho parlato pubblicamente di quanto mi è accaduto il 16 luglio scorso. Ora, però, sento il bisogno di condividere alcune mie riflessioni. Lo devo a chi mi vuole bene e, soprattutto, ai cittadini veneziani. Quel 16 luglio mi sono trovato accusato, senza aver alcun dettaglio, se non quello comparso poi sui giornali. Per questo, in accordo con il mio legale ho fatto immediatamente ricorso al Tribunale del Riesame. Dopo oltre tre mesi ho avuto solo, e dico solo, le carte da cui sono scaturiti i provvedimenti di luglio e niente più. Penso possiate capire il mio sgomento».
«Dopo aver letto quelle carte, compreso il Riesame che nulla ha aggiunto a quelle accuse, sono esterrefatto. Come si può sostenere una narrazione così fuorviante e strumentale, tutta basata sulla credibilità di quella persona che ha fatto delle bugie la sua ragione di vita? Sulle accuse nei miei confronti, anche se non ben determinate, ma solo adombrate, voglio dire a tutti che mai e poi mai ho interferito o fatto pressioni su chi, con competenza, doveva fare perizie e procedure di evidenza pubblica. Non ne avevo il titolo giuridico né tantomeno la competenza tecnica».
Le accuse sui Pili? Respinte al mittente
Dice Morris Ceron: «Non ho mai negato gli incontri con chi si dichiarava interessato all’area dei Pili, come gli appuntamenti con tutti gli altri investitori che in questi anni avevano idee di sviluppo in città. Alcune si sono concretizzate con proposte reali, altre no, come normale che sia. Incontri fatti fino al 2021 come Capo di Gabinetto, quindi senza alcun potere di firma o sostitutivo, e poi come Direttore Generale, ruolo che sto svolgendo lasciando completa autonomia ai Dirigenti che hanno la responsabilità esclusiva dei provvedimenti. Per chiarezza, non esercito e non ho mai esercitato infatti nessuna delega, tantomeno nelle materie dove sono indagato. Sui Pili ho solo messo a disposizione le mie competenze in ambito sportivo, perché ritenevo di assoluto interesse pubblico poter avere una struttura moderna, come il palasport, di livello adeguato ad una grande città. Mai e dico Mai e poi Mai ho promesso niente a nessuno. La sostanza è ben diversa ed è questa: qualcuno ha elaborato per proprio conto delle proposte in base ai presupposti normativi esistenti, o come lui li ha capiti, e alla fine non se ne è mai concretizzato nulla, nemmeno una singola proposta all’Amministrazione. Nulla di Nulla di Nulla! Difficile, pertanto, capire le accuse rivolte alla mia persona».
Donadini e Vanin
Donadini maledice il giorno in cui ha conosciuto Claudio Vanin, il grande accusatore nell’inchiesta.
«In autonomia vedo tante persone che mi rappresentano le loro ipotesi ed i loro progetti. Tante volte però le idee ed i progetti semplicemente non si realizzano, per i più disparati motivi. Nella vicenda dei Pili è successo esattamente questo, anche se questa volta purtroppo sono incappato nel Sig. Claudio Vanin. Io non ho mai promesso né al Sig. Vanin né a chiunque altro modifiche non consentite delle destinazioni urbanistiche o della capacità edificatoria dell’area dei Pili. Non c’è mai stato alcun accordo illecito in questo senso: rigetto con forza e sdegno questa ipotesi. Dei progetti di cui parla il Tribunale del riesame io ho visto la brochure di un solo progetto; in ogni caso, si tratta di progetti che venivano commissionati dal Sig. Vanin a suoi architetti di fiducia, non certo da me o da altri rappresentanti dell’Amministrazione Comunale. Come ho appena detto, si è trattato di uno dei tanti progetti che non si sono realizzati: punto e basta!»
«Nulla di illecito»
«Mia mamma e mio papà – qui è ancora Ceron a parlare - mi hanno insegnato e trasmesso la cultura del lavoro e dell'onestà. Mi spiace prima di tutto per loro, che debbano leggere certe cose, ma rimango fiducioso che si risolva presto. Ammetto, però, che ancora non mi capacito, anche come cittadino, di come si possa considerare attendibile una persona che ha numerosi procedimenti a proprio carico e che ha fatto del ricatto e delle bugie, delle tentate estorsioni un metodo di vita, rispetto a chi, come me, da 9 anni serve la città con amore, onestà e risultati che i numeri testimoniano. Ora, nel pieno rispetto dell’Autorità giudiziaria e in accordo con il mio legale, non aggiungerò più nulla e parlerò solo una volta chiuse le indagini nei miei confronti, dopo aver letto anche tutte le carte raccolte in questi mesi e di cui oggi non sono in possesso. Solo allora, se necessario, chiarirò tutto fino alla virgola. Attendo con fiducia».
Donadini: «Non c’è nulla negli atti del Comune di Venezia od in qualsiasi mail, lettera o documento da me redatti od inviati che possa anche solo far lontanamente pensare che siano state promesse variazioni urbanistiche al Sig. Ching Kwong od a chi agiva ovvero diceva di agire, come il Sig. Claudio Vanin, per conto del Sig. Ching Kwong. Mi difenderò nelle sedi opportune da tutte queste accuse odiose ed infondate e dimostrerò che sono solo menzogne. Voglio però fin d’ora esternare la mia grande amarezza nel constatare come si stia cercando di distruggere nove anni della mia vita che ho dedicato all’Amministrazione Comunale mettendo a disposizione le mie competenze ed improntando sempre e comunque il mio comportamento alla legalità ed alla correttezza».