1000 giorni di guerra: mentre l’Ucraina resiste, l’Europa si prepara a difendersi
Mille giorni di guerra. Mille giorni di bombe, gelo e desolazione nella terra ad un passo dall’Europa. Mille giorni che non sono un numero, ma il simbolo di una resistenza che non retrocede e di una tragedia che sembra non avere fine, ma soltanto vittime. L’attacco ucraino con missili statunitensi in profondità nel territorio russo pare segnare una svolta nel conflitto. Ma a che prezzo? Con un quinto del territorio sotto il controllo di Mosca, Kiev lotta non solo per il proprio futuro, ma per un’idea di Europa che Putin vorrebbe sepolta sotto le macerie di Mariupol.
Tra missili e diplomazia: la strategia ucraina
L’utilizzo di armamenti occidentali come i missili a lungo raggio riaccende le speranze di Kiev di trattare da una posizione di forza. Gli analisti militari evidenziano come tali operazioni offrano un vantaggio tattico, colpendo nodi strategici come la regione di Kursk. Tuttavia, la guerra, ormai logorante, si gioca anche nella resilienza. «Nelle trincee ghiacciate della regione di Donetsk e nelle steppe in fiamme della regione di Kherson, sotto proiettili, grandine e cannoni antiaerei, stiamo combattendo per il diritto di vivere», ha dichiarato il comandante ucraino Oleksandr Syrskyi per descrivere lo spirito di un popolo stremato ma non disposto ad arrendersi. Sul fronte diplomatico, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky guarda oltre il campo di battaglia: «Possiamo sicuramente spingere la Russia verso una pace giusta. La pace è ciò che desideriamo di più».
Putin alza la posta: nuova dottrina nucleare
Nel frattempo, Mosca gioca la carta della deterrenza estrema. Vladimir Putin firma una nuova dottrina nucleare che non ha più limiti nell’uso delle armi atomiche, configurando scenari inquietanti. Il messaggio a Washington e alle capitali occidentali è chiaro: la Russia non indietreggerà.
Ma l’Europa non si lascia intimidire. «Il sacrificio del popolo ucraino negli ultimi 1000 giorni non è solo per sé stesso, ma per la libertà e lo stile di vita di ogni europeo», così la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola a Bruxelles.
Verso una difesa comune europea
Nel frattempo anche a Varsavia, i ministri degli Esteri delle principali nazioni europee rispondono con fermezza: rafforzare la Nato è una priorità non negoziabile, con spese per la difesa che potrebbero superare il 2% del Pil per affrontare le minacce crescenti. Per la prima volta però, si è discusso concretamente di bond europei per la difesa, un segnale di unità che punta a costruire un pilastro europeo, complementare a quello americano. Questo per «non essere sempre costretti a chiedere di essere protetti, dobbiamo farlo da soli», ha detto a margine il ministro italiano Antonio Tajani, sottolineando che il sostegno militare, economico e politico all’Ucraina rimarrà una colonna portante della risposta europea.
La tragedia umana: numeri che raccontano il dolore
L’Europa a fianco dell’Ucraina: solidarietà e realismo
Nel Parlamento europeo, la bandiera ucraina continuerà a sventolare accanto a quella dell’Unione. La Presidente Metsola ha riaffermato che «Qualsiasi vera pace deve essere costruita sul principio “niente sull’Ucraina senza l’Ucraina”».
I leader europei hanno ribadito la necessità di sostenere Kiev con armi avanzate, aiuti finanziari e supporto politico, consapevoli che il destino dell’Ucraina definirà il futuro dell’Europa. Questa guerra è un «assalto brutale, non provocato e illegale all’Ucraina, ma anche all’ordine stabilito», ha detto chiaramente Metsola.
Uno sguardo al futuro: speranza tra le macerie
Il Presidente Zelensky, nel suo discorso ai parlamentari, ha concluso con un appello alla resilienza: «Nessuno può godere di un’acqua calma in mezzo alla tempesta. Dobbiamo fare tutto il possibile per porre fine a questa guerra in modo equo e giusto. 1000 giorni di guerra sono una grande sfida. Dobbiamo fare del prossimo anno l’anno della pace».
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