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Anche il Cnel lancia l’allarme sui medici di base: “All’appello ne mancano 10mila, Italia sotto la media Ue”

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Medici di famiglia in via di estinzione. A confermare le più fosche previsioni è il Cnel che registra come i medici di famiglia in Italia sono sempre di meno, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei, tanto che all’appello ne mancano almeno 10mila. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente a causa dei pensionamenti di massa previsti nei prossimi due anni, avvertono i sindacati che sono pronti a dare battaglia per ottenere misure urgenti nella legge di Bilancio ora all’esame del Parlamento.

L’ultima fotografia dell’assistenza territoriale in Italia arriva dalla relazione annuale del Cnel sui servizi della PA: la dotazione di base, rileva l’ente, è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia. Anche la presenza di infermieri è bassa: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania.

Negli ultimi 10 anni, inoltre, il numero di medici generici è diminuito di oltre 6mila unità, scendendo sotto i 40mila nel 2022. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici con più di 1.500 assistiti, il limite massimo, è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia.

La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al 14esimo posto nell’Ue. La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1).

Insomma, una situazione “critica” denunciata anche dai sindacati di categoria, che chiedono misure concrete in manovra. “Se spariranno i medici di famiglia, sparirà il Sistema sanitario nazionale. E purtroppo, senza una urgente inversione di tendenza, siamo già su questa strada”, ha detto all’ANSA Silvestro Scotti, segretario della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). “Chiediamo che in Finanziaria si faccia qualcosa anche per la Medicina generale. Al momento – afferma – la categoria è in stato di agitazione. In mancanza di segnali concreti, non escludiamo ulteriori forme di mobilitazione”.

La causa della scarsità di medici di base, secondo il segretario Fimmg, sta sempre nella scarsa attrattività di questa professione, a partire dalla condizione economica: “nell’ultima Finanziaria – spiega – è stato previsto un aumento dell’importo per le borse di specializzazione; nulla è stato però previsto rispetto alle borse del corso di formazione in Medicina generale. Un medico che si specializza in Medicina generale riceve circa 800 euro al mese, rispetto alla borsa di 1200-1600 euro delle altre specializzazioni. Un importo che non consente di andare avanti in modo dignitoso“.

Il corso di formazione è triennale e nell’ultimo concorso erano disponibili circa 2000 posti: “Con le domande pervenute è stato coperto solo il 60% dei posti”. Pochi aspirano dunque a diventare medico di base ed il numero complessivo calerà ulteriormente proprio per effetto dei prossimi pensionamenti: “In 2 anni stimiamo che andranno via circa 8mila medici di famiglia. Oggi siamo poco più di 37mila, quindi a breve mancheranno all’appello almeno 10mila medici di base. In queste condizioni – avverte Scotti – è ovvio che il numero di pazienti per medico sia ben oltre i 1500 previsti, con conseguenti disagi per i cittadini”.

“Le ragioni della carenza di medici nel nostro Paese – afferma anche la segretaria del Sindacato medici italiani (Smi) Pina Onotri – sono molteplici: lavoro non valorizzato (i medici accedono alla professione di generalista tramite un corso di formazione e non una scuola di specializzazione universitaria), basse retribuzioni, carico burocratico eccessivo, mancanza di tutele (soprattutto per una professione che vira al femminile)”. Ciò che serve, conclude, è un “rilancio effettivo della professione del medico di famiglia”.

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