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Ноябрь
2024

Da Pocenia a Stanford: il prof friulano utilizza le nanotecnologie per ridurre le emissioni di Co2

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Ogni giorno, quando attraversa, in bicicletta, il campus dell’università di Stanford per raggiungere il suo ufficio, gli «sembra incredibile di essere riuscito ad arrivare fino a qui». Da un piccolo paese in Friuli a una delle più prestigiose istituzioni accademiche del mondo. Matteo Cargnello, 39 anni, cresciuto a Pocenia, è professore associato di ingegneria chimica a Stanford, insegna ai corsi e guida un gruppo di circa venti ricercatori che studiano soluzioni alle sfide ambientali ed energetiche. Attraverso l’impiego di nanotecnologie, cerca «soluzioni per ridurre i gas serra e decarbonizzare». Le sue ricerche potrebbero contribuire a invertire la rotta dei processi che stanno devastando il nostro pianeta, o quantomeno arginarli.

La formazione

«Fino a 18 anni – racconta – ho vissuto a Pocenia, poi ho deciso di iscrivermi alla facoltà di chimica e ho scelto Trieste. Qui ho fatto la laurea triennale e la specialistica. Durante quest’ultima ho fatto ricerca a Trieste con il professore Paolo Fornasiero, che poi è diventato il mio mentore per il dottorato. Siccome mi sono laureato nel periodo giusto, avevo 5-6 mesi di attesa prima di iniziare il dottorato. Paolo mi ha trovato un’opportunità di ricerca a Philadelphia. In quel periodo mi stimolava l’idea di fare ricerca negli Stati Uniti, sognavo di farla ai livelli più alti al mondo».

È ritornato poi a Trieste, dove ha conseguito, nel 2012, il dottorato in Nanotecnologie, sotto la supervisione di Fornasiero. Matteo sottolinea l’altissima caratura di quel dottorato, fondato da Maurizio Fermeglia. «Era veramente – ricorda Matteo – un programma avanzato, organizzato molto bene, ci hanno incoraggiati a spendere del tempo fuori dall’Italia, è stata veramente una grande opportunità per me per fare grande ricerca con Paolo e imparare. Da lì ha preso il volo la mia carriera».

A Philadelphia è stato poi accolto come studente di post dottorato nel dipartimento di chimica all’università della Pennsylvania, con il professor Christopher B. Murray. Qui ha trascorso due anni, facendo ricerca. Nel frattempo si è candidato per vari posti. Nel gennaio 2015 è stato scelto dall’università di Stanford. All’epoca aveva 29 anni. «Mi hanno dato le chiavi del laboratorio in mano e mi hanno affidato un team di ricercatori» racconta Matteo.

La ricerca

Il professor Cargnello, con il suo team «cerca di trovare soluzioni per attivare processi chimici sostenibili che possano ridurre il consumo di energia e l’emissione di gas serra nell’atmosfera». Studiano anche come catturare e convertire l’anidride carbonica e produrre idrogeno in modo sostenibile, nonché come riciclare chimicamente la plastica. Grandi sfide, in cui usano piccoli pezzi di materia: nanocristalli e nanostrutture. Ogni ricerca si sviluppa in tre step: dimostrare la fattibilità di un’idea, trovare il sistema per realizzare il processo a un costo sostenibile, implementarlo su larga scala. Attualmente il “Cargnello group” lavora a vari progetti. Eccone solo alcuni.

«Abbiamo individuato – approfondisce il professore friulano – dei materiali che possono eliminare il metano prima che fuoriesca nell’ambiente. Stiamo lavorando con delle aziende per realizzare un reattore trasportabile, in modo da collocarlo sulle fonti di emissione. Siamo già al terzo step: stanno costruendo un prototipo».

Cargnello è molto interessato alla conversione dell’anidride carbonica, una delle cause all’origine del riscaldamento globale. Una delle sue ricerche punta a trasformarla in combustibili rinnovabili. Non siamo però ancora nella fase della commercializzazione. Fra i progetti, la creazione di fertilizzanti basati sull’ammoniaca prodotta con elettricità pulita senza emissioni di carbonio. «L’ammoniaca è un composto molto importante per i fertilizzanti, ma quell’unico processo chimico per produrla consuma il 2% di energia totale del mondo e emette il 3% delle emissioni globali di Co2: se l’elettricità invece viene da fonti rinnovabili, non emettiamo nessuna molecola di carbonio».

Gli affetti

Ha incontrato la sua futura moglie Laura, di Los Angeles, nei dintorni di Stanford. In Friuli torna spesso a trovare gli amici e i familiari, che vivono fra le province di Udine e Pordenone: sono la cosa che gli manca di più dell’Italia, insieme al cibo. È grato alla famiglia e ai colleghi, che lo hanno spronato a ottenere quello che sognava. «Ogni cosa è possibile» osserva. La sua storia lo dimostra. Non dimentica però le sue radici e conserva nel suo cuore una profonda umiltà, oltre allo spirito di abnegazione per il lavoro, per antonomasia associato alla terra d’origine friulana. «Da buon friulano – ammette sorridendo – lavoro tantissimo».