Casalesi di Eraclea, testi di nuovo in aula per il processo d’Appello
Saranno risentiti da capo ventidue testi della Procura nel processo d’Appello ai cosiddetti “Casalesi di Eraclea”, relativamente però solamente agli episodi su cui si basa la contestazione di associazione di stampo mafioso avanzata dalla Procura di Venezia e rigettata in primo grado dal tribunale. Ieri infatti la Corte d’appello – presieduta dalla giudice Marina Ventura, con a latere le giudici Priscilla Valgimigli e Nicoletta Stefanutti – ha dato il via libera alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, come richiesto dai pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini, che hanno istruito l’inchiesta, insieme alla Procura generale.
Già fissate dalla Corte ben trenta udienze in calendario, con un incalzare di sedute plurisettimanali, da novembre 2024 al fine maggio 2025, 23 dicembre compreso. L’appello dunque si baserà su una nuova fase dibattimentale e non – come solitamente accade nei processi d’appello e come richiesto dai difensori – sostanzialmente sulle memorie presentate dalle parti. Verranno riascoltati inquirenti, pentiti, gli stessi Donadio e Buonanno, e le vittime dei presunti episodi connotati, a detta dell’accusa, dalla presenza degli elementi che caratterizzano l’articolo 416 bis del codice penale sull’associazione criminale di stampo mafioso.
Al contrario, in primo grado il tribunale aveva sì condannato Luciano Donadio a 26 anni di carcere e Raffaele Buonanno a 19, e a pene pesanti anche i loro sodali, ma ritenendoli parte di un’organizzazione criminale semplice, seppur dedita a usura, rapine, estorsioni, false fatturazioni, evasioni fiscali, sfruttamento del lavoro, porto d’armi, talvolta anche con metodi mafiosi, ma non una mafia collegata ai camorristi di Casal di Principe. Ad impugnare la sentenza di primo grado, comunque, erano stati anche i difensori che avevano contestato pene giudicate troppo elevate. Sta di fatto che, ieri, la Corte ha rigettato tutte le eccezioni preliminari presentate dalle difese dei condannati in primo grado.
Tra queste, l’avvocato Giovanni Gentilini, legale di Luciano Donadio, aveva eccepito la nullità dell’appello dei pubblici ministeri, bollato come un mero «richiamo» a quanto già scritto o dedotto: «Per 80 volte si trovano rimandi ai contenuti della requisitoria e oltre 100 volte alle memorie depositate a corredo». Anche sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, le difese si erano dette contrarie: «L’appello dei pubblici ministeri è un’ostinata e pervicace replica delle tesi di primo grado, che si lamenta che tribunale abbia disatteso». La Corte è stata di altro avviso.