Kamala Harris, il discorso dopo il Ko e la notte dei lunghi coltelli. Lo staff: “Il partito democratico è morto”
“Accetto la sconfitta ma non la fine della lotta per la nostra libertà”. Si consola così, dopo ore di silenzio la perdente Kamala Harris, che parla dopo una giornata di silenzio alla Howard University. “Sono molto orgogliosa della nostra corsa” ha detto Kamala Harris ringraziando il suo staff e il presidente Biden nel corso del suo primo discorso dopo l’elezione. “Mentre io concedo la sconfitta di questa elezione, non concedo la sconfitta alla lotta per la libertà”. Promette di non arrendersi mai: “Non smetterò mai di lottare per le donne, affinché possano prendere decisioni sul proprio corpo senza che sia un governo a dire loro cosa fare. Non smetteremo mai di lottare per proteggere le scuole e le strade dalla criminalità. E non smetteremo mai di lottare per la democrazia e per la dignità, a cui tutti hanno diritto. La lotta per il nostro Paese vale sempre la pena”.
Kamala Harris si impegna in una “transizione pacifica”
Un discorso di rito. “So che avete sentimenti contrastanti- dice ai suoi supporter- . Ma dobbiamo accettare il risultato del voto”, ha sottolineato Harris. Ribadendo di essere impegnata con Donald Trump per una “transizione pacifica”. “Sono fiera della nostra campagna e di come l’abbiamo condotta, unita dall’amore per il Paese, dall’entusiasmo e la gioia per il futuro dell’America”, ha detto ancora. E’ il discorsao della sconfitta. “Va bene sentirsi tristi e delusi. Ma a volte la lotta richiede più tempo, questo non significa che non vinceremo – continua Harris da Washington -. L’importante è non arrendersi mai”. Ma dietro la facciata volano stracci.
Volano stracci tra gli strateghi di Kamala: “Colpa di Biden”
“È un disastro di proporzioni bibliche. Il Partito democratico che conoscevamo è morto. Oggi fronteggiamo un riallineamento storico. Un tempo c’erano i democratici di Reagan, ora ci sono i democratici di Trump». La sintesi è quella dello stratega Chris Kofinis, già capo dello staff del senatore centrista Joe Manchin: «Troppo impegnati a cercare di distruggere Trump. Non ci siamo concentrati abbastanza sui problemi reali della gente», dice al Wall Street Journal : «Finendo per perdere terreno proprio fra chi un tempo era il nerbo delle nostre coalizioni, compresa classe operaia e minoranze». Sta tutto qui il nodo della clossale sconfitta anche nelle roccaforti storiche dei democratici.
Kamala Harris, sul discorso di facciata pesano i conflitti interni
“E’ la notte dei lunghi coltelli” in casa dem è rivolta, è stata la notte dei lunghi coltelli. “La colpa è di Biden”. Le critiche più aspre sono rivolte a lui e al suo staff, rei di averne taciuto il reale stato di salute fisico e mentale dell’ex presidente. «Non avrebbe dovuto aspettare così tanto», dicono fonti della campagna di Harris a Reuters . Anche Mark Longabaugh, ex stratega di Bernie Sanders dice: «Quando hanno passato le redini a Harris era già troppo tardi e ha dovuto lavorare in un ambiente estremamente difficile ». L’editorialista Maureen Dowd lo ribadisce sul New York Times in termini ancora più duri: «Biden è stato vanitoso ed egoista. Ora se ne starà seduto a casa, a dire a Jill che lui sì, che avrebbe battuto Trump»… Ma critiche sono arrivate anche agli altri “padri” nobili democratici, che si sono esposti, da Barack Obama e Bill Clinton, incapaci di imporre la svolta necessaria e di vedere oltre.
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