Aggressione al penalista Longo, condanna a tre anni e due mesi per Zanon e Maran
Condanna a tre anni e due mesi di carcere per Luca Zanon, 50enne elettricista trentino originario di Predappio, e della compagna Silvia Maran, la 49enne fidanzata, commercialista con studio in città (entrambi presenti in aula) accusati del pestaggio nei confronti del penalista padovano Piero Longo, uno dei legali del premier Silvio Berlusconi e già senatore di Forza Italia, aggredito nell’androne della sua abitazione, in pieno centro storico, nella serata del 30 settembre 2020.
La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico Vittoria Giansanti che ha stabilito una provvisionale immediatamente esecutiva di cinquemila euro (un anticipo del risarcimento), ha negato la sospensione condizionale della pena disponendo l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Pienamente accolta la richiesta del pubblico ministero Roberto D’Angelo che aveva sollecitato tale condanna per ciascuno per gli imputati, finiti a processo per i reati di lesioni volontarie gravi, violazione di domicilio, porto in luogo pubblico di un’arma (la pistola sottratta al legale durante la colluttazione, contestazione che è caduta in quanto l’arma era stata poi consegnata alla polizia ).
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Alla richiesta della pubblica accusa aveva aderito anche la parte civile costituita (la vittima, l’avvocato Longo anche lui presente) tutelato dalla penalista Anna Desiderio. In fondo all’aula ad ascoltare la requisitoria del pm e poi l’arringa dei difensori degli imputati, anche Rosy C., la 35enne amica della coppia, attorno alla quale ruota la vicenda, assolta in primo e in secondo grado dal concorso nelle stesse accuse contestate ai due anche se non aveva materialmente partecipato a quell’assalto.
La sera del 30 settembre 2020 Maran, Zanon e Rosy si erano presentati davanti al portone del palazzo dove vive l’avvocato Longo. Rosy aveva atteso a qualche metro di distanza sotto i portici, i due avevano suonato il campanello invitando il legale con toni bruschi ed espressioni colorite a scendere per parlare con la 35enne che soffriva perché lui aveva interrotto ogni contatto. «Quella sera Rosy voleva andare da sola da lui. Avevo paura, non volevo lasciarla sola, era disperata. Nei giorni precedenti lui aveva bloccato il suo contatto telefonico.
Non si può rimanere insensibili di fronte alla sofferenza causata dall’abbandono» si era difesa la Maran. I difensori avevano puntato sulla legittima difesa accusando il legale di aver puntato la pistola in faccia ai due. Nulla di vero. Il pm ha replicato: il video ripreso da una telecamera stradale mostra, senza ombra di dubbio, che Maran sferra un calcio e uno schiaffo all’avvocato appena lui apre il portone, tanto da farlo barcollare; poi Zanon lo spinge nell’androne, lo getta a terra e scatta il pestaggio.
E’ lì che il legale ha esploso alcuni colpi con la pistola estratta dalla tasca e legalmente detenuta: un uso legittimo dell’arma per difendersi da un’aggressione violentissima che lo ha costretto a una serie di lunghe cure e interventi ospedalieri, come stabilito anche dal giudice in primo grado.