Boraso ai domiciliari in una casa blindata. L’ex assessore provato e molto dimagrito
Ha varcato il cancello della sua abitazione di via Gobbi, conosciuta da tutti a Favaro, quando in giro non c’era più nessuno. E ha dormito finalmente nel suo letto, dopo giorni, settimane, mesi passati in una cella nel carcere Due Palazzi di Padova. Quando la notizia si è sparsa, martedì mattina, 5 novembre, in tanti sono passati a curiosare, per vedere se da fuori si poteva scorgere l’ex assessore, Renato Boraso, e magari accennare un saluto.
Ma la casa è impenetrabile, con tutte le serrande giù. Gli amici hanno la bocca cucita. Qualcuno vorrebbe sbottonarsi, ma è stato redarguito.
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La moglie di Boraso, Tiziana, risponde, gentilmente, ma ripete che a parlare per la famiglia deve essere l’avvocato. Eppure in tanti le hanno mandato messaggi rivolti a Renato, pensieri di sostegno e saluto, dopo una così lunga assenza.
Don Rinaldo Gusso, 91 anni a giorni, il sacerdote amico di Boraso che tiene in vita la chiesa della frazione di Ca’ Solaro, si lascia andare: «Sono contento, era ora che lo liberassero e tornasse a casa dai suoi affetti, dalla famiglia, i figli, e dalla moglie. È rimasto per troppo tempo in carcere ad ammuffire. Dovevano lasciarlo tornare a casa prima».
I rumors del quartiere sostengono sia provato e molto dimagrito. «È normale, come si può avere voglia di mangiare in prigione? Quante persone uccidono, derubano, rapinano e sono fuori, ma evidentemente quando si parla di soldi, questi sono più importanti delle stesse persone».
Andrà a trovarlo? «Chiederò se posso andare in visita, intanto prego per lui, come ho fatto in questi mesi. Questa è una prova e io chiedo al Signore che lo sostenga». Chiude: «Adesso, speriamo che si decidano ad arrivare al dunque, e se ha sbagliato se ne assumerà le conseguenze e pagherà, ma almeno continuerà a vivere».