Svelate le vere ricchezze di Re Carlo e William: dagli affitti di abitazioni con muffe alle pareti fino ai tubi fognari. Il Times: “Esonerati dal pagare le tasse”
Ci sono voluti anni di inchieste e di battaglie per vincere le resistenze e superare l’attività di lobby che la stessa regina Elisabetta II aveva condotto con il parlamento per coprire i numeri. La domanda alla quale i giornali cercavano risposta era da sempre: quali sono e quante sono le proprietà e le attività che hanno reso la famiglia reale inglese una delle più ricche al mondo? E non si parla dei beni della corona, che passano di sovrano in sovrano, ma di quelli riconducibili al Ducato di Lancaster, che arricchisce le casse di re Carlo III e di quello di Cornovaglia, che va direttamente nel conto di suo figlio William. Funzionerebbe così dal XIV secolo, quando per disposizione dei monarchi feudali, le proprietà su quei territori dovevano servire a generare reddito privato per il re ed il suo erede.
Sabato sera, però, con la messa in onda della trasmissione Dispaches, programmata su Channel 4 e, pare, rimandata almeno un paio di volte, finalmente si è arrivati alla pubblicazione dell’indagine che ha rivelato quali siano i veri introiti generati in Gran Bretagna per dare reddito ai forzieri del re e di suo figlio. Il Ducato di Lancaster quest’anno avrebbe versato nelle casse di Carlo III almeno 27,4 milioni di sterline mentre quello di Lancaster ne avrebbe conferite a William circa 23,6 milioni. Queste somme vanno ad aggiungersi agli 86 milioni che i reali ricevono annualmente dal governo attraverso il Crown Estate (come stabilito 260 anni fa) e che dal 2025 saliranno a 132 milioni.
Alla grande inchiesta che ha reso pubblici i dettagli sulle proprietà dei reali, che finora erano state nascoste anche al parlamento, hanno collaborato anche il Times e per alcuni filoni il Mirror, permettendo di risalire ai 3.536 beni di Carlo III e ai 1.874 del figlio che sarebbero stati estrapolati dal Land Registry attraverso ricerche in loco per trovare gli indirizzi ai quali facevano riferimento tutti i singoli codici scoperti. In questo modo è stato possibile risalire alle strutture del sistema sanitario, delle organizzazioni benefiche (milioni di sterline versate per affittare un palazzo degli anni ’60 per gli uffici di una charity in centro a Londra), dipartimenti governativi, municipalità, le scuole (almeno 20), i beni e i terreni delle forze armate, una prigione (Dartmoor costa al ministero della Giustizia 1,5 milioni l’anno), compagnie di escavazioni, coste e fiumi sui quali, chi passa deve pagare il suo dazio ai reali. E’ il caso di Liverpool: in tv è stato intervistato il sindaco che ha spiegato come il porto, i container, i traghetti Mersey e i tubi fognari versino la loro quota al re e così dovrà fare la città quando, nei prossimi anni, verrà realizzato il più grande progetto di porto per crociere europeo con un molo galleggiante per il passaggio di 7000 persone al giorno.
E ci sono anche tante abitazioni che, per giunta, verserebbero in condizioni pessime, con muffe sulle pareti, nessuna coibentazione, nessun adeguamento infrastrutturale e nessuna manutenzione. Ma tra i privati si contano anche tutti coloro che hanno attività sui quei terreni, dai pub, alle distillerie, ai parcheggi, le pale eoliche, le chiese, i traghetti, le sedi dei piccoli comuni. Non si risparmia nessuno, neanche chi fa beneficienza, persino per la ricerca sul cancro, o gli 11 milioni di affitto generati da un deposito che ospita ambulanze. “Loro operano come proprietari immobiliari che fanno business – ha scritto il Times – mentre hanno uno speciale accordo con il Tesoro che li esonera dal pagare le tasse sui profitti aziendali”. Quindi non pagano tasse sulle rendite da capitale nè tasse aziendali, ma pagano tasse in forma volontaristica sullo scaglione più alto (45%) sul denaro che ricevono dai ducati di spettanza. Carlo III nel 2021-22 versò all’erario 5,9 milioni di sterline, ovvero il 25% dei 23 milioni di profitti, dopo aver detratto le spese.
Ma ciò che rende tutto questo molto grave è la scelta dei due “paladini” dell’ambiente e delle battaglie contro il cambiamento climatico di permettere la escavazioni minerarie, agendo indirettamente, attraverso contratti con compagnie che agiscono su aree protette paesaggisticamente, come accade in Cornovaglia. A Great Wheal Vor, ad esempio, la cittadinanza da mesi sta protestando per proteggere il territorio. Un portavoce del Ducato di Lancaster ha fatto sapere al Times che “il Ducato opera come una compagnia commerciale, gestisce una grande varietà di terreni e di beni in Inghilterra e Galles, secondo la legislazione del Regno Unito e gli standard fissati per legge che si applicano a questo tipo di attività economiche”. Così il ducato di Cornovaglia ha fatto sapere che “il ducato è una proprietà con competenze commerciali che si impegnano anche nella rigenerazione dell’ambiente e nella sua salvaguardia, generando un impatto sociale positivo per le comunità presenti”.
Peccato che molte comunità, molti inquilini e tanti ambientalisti non la pensino così.
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