Ultima Generazione: “Non c’è più tempo: serve un fondo permanente da 20 miliardi per i disastri del clima (e della politica)”
di Ultime Generazione
Valencia. Stavolta è successo a Valencia. Prima è successo in Emilia Romagna, in Toscana, in Piemonte, in Umbria, nelle Marche, in Campania e in Liguria. Un po’in tutta Europa. Un po’ in tutto il mondo. E, spoiler, succederà ancora, in maniera sempre più frequente e sempre più grave. Le immagini satellitari, le foto delle macchine, le nuove storie terrificanti e un’ altra discesa dal cielo e dalle periferie degli angeli del fango. Ma nel 2024 anche gli angeli hanno fame, un mutuo e le bollette sempre più alte da pagare. Le strette di mano e le passeggiate con gli stivali e le telecamere al seguito non si mangiano, e in Spagna domenica la gente ha spiegato bene al re e al premier quanto non siano più gradite queste passerelle sul fango.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, Musumeci è stato molto chiaro: lo Stato non paga, perché i pochi soldi che abbiamo vanno tutti in carri armati, lager e promesse trentennali di faraonici progetti di propaganda. Non paga chi spala, non paga chi ha subito danni, non paga niente, smettete di chiederlo, straccioni. Le assicurazioni private invece ancora pagano, solo chi se lo può permettere, ma gli eventi aumentano, e con loro i soldi da sganciare loro ogni mese per sentirsi al sicuro. E allora continuiamo a spalare il fango delle ultime alluvioni, in t-shirt a novembre, e presto torneranno le nuvole e le notti insonni e gli allarmi e chissà cosa stavolta. Continuiamo ad andare a scuola, al lavoro, al bar. Sperando che la prossima volta non tocchi a noi. Perché potrebbe arrivare un momento in cui ogni famiglia in Italia avrà un garage allagato, una macchina ribaltata o un filmato in presa diretta del prossimo disastro.
Ormai è chiaro che ci stiamo avvicinando alla frequenza e alla magnitudo degli eventi estremi di un maledettissimo film di fantascienza. Peccato che stavolta è tutto reale e nessun supereroe verrà a salvarci. Abbiamo varcato la soglia di un territorio inesplorato, fregandocene degli avvertimenti degli scienziati, degli attivisti, del Papa e delle nostre coscienze. Siamo in un mondo nuovo, e, che lo vogliamo o no, questa è l’ora di prendere posizione. Davanti a tutti i punti interrogativi che possiamo avere, la sola certezza è che siamo ampiamente inadeguati ad affrontarli, non solo perché il governo attuale non vuole, ma anche e soprattutto perché siamo strozzati da un sistema che continua a mettere il profitto davanti a qualunque altra cosa.
Una band canadese mai troppo apprezzata lo disse bene: “Siamo intrappolati nelle budella di una macchina assassina, e la macchina sta sanguinando a morte”. Nessuno di noi ha firmato per questo. Non accettiamo di vedere il nostro futuro prendere fuoco, finire sott’acqua o sotto le bombe. Non volteremo lo sguardo e non saremo complici di tutto questo. Per chi ancora non l’avesse capito, quello che Ultima Generazione sta facendo, chiedendo un Fondo Riparazione, è pretendere dallo Stato di rimettere le proprie priorità in ordine e di fare il suo lavoro, garantendo prima di tutto i più vulnerabili.
Un fondo da 20 miliardi permanente, preventivo e partecipato da chi ha causato i danni (compagnie del fossile, prima di tutto) per aiutare chi ha già subito e chi subirà le conseguenze degli eventi estremi, chi ha perso la casa e chi va a spalare il fango supplendo alle istituzioni. Soldi che di sicuro non ripareranno al dolore, ma che aiuteranno a ricominciare e a non sentirsi abbandonati da uno Stato che finora non si sta dimostrando degno della fiducia che ci chiede. Perché questo succeda, perché tutto quello che abbiamo fatto finora abbia un senso, però, dobbiamo essere sempre di più. Le parole d’ordine sono sempre quelle: istruirsi, agitarsi, organizzarsi, costruire comunità e diffondere cultura di resistenza. Non parole vuote, ma teorie e pratiche da usare per migliorare le nostre vite e gli spazi in cui viviamo, mentre ci conquistiamo il potere politico necessario a offrirle a tutto il Paese. Avremo bisogno di centinaia di migliaia, di milioni di persone che scendano in strada non per una giornata di testimonianza o di sfogo, ma per bloccare tutto fino a che non siano date garanzie reali che chi si è assunto l’onere di guidare questo Paese lo faccia ma non verso il baratro. Nel caso, come tutti i suoi predecessori, non si dimostrasse all’altezza, si faccia da parte, perché non abbiamo più tempo.
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