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Ноябрь
2024

Diocesi di Venezia, da 19 a 6 parrocchie: ecco la mappa con tutti i nuovi assetti

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Il ridimensionamento delle parrocchie non ha stupito i parroci del centro storico. «Era da vent’anni che ci stavamo lavorando, visto lo spopolamento della città e la carenza di vocazioni» spiega don Roberto Donadoni, parroco dell’area marciana che dal 2025 diventerà parrocchia del Santissimo Salvatore e Santo Stefano, raggruppando al suo interno cinque parrocchie e due rettorie, con una decina di chiese in tutto.

La lettera del patriarca

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«La realtà di Venezia emerge così con le sue caratteristiche particolari e uniche, anche dal punto di vista ecclesiale, ma ora vive la difficoltà di un forte calo demografico senza prospettive di inversione di tendenza e, nello stesso tempo, con la presenza di un numero ormai sproporzionato di parrocchie. Di queste, alcune da anni non riescono più a vivere alcune dimensioni essenziali per la vita di una parrocchia, dalla catechesi dell’iniziazione cristiana alla pastorale giovanile fino alla cura e all’animazione della liturgia».

Così il Patriarca Francesco Moraglia ha comunicato a sacerdoti e fedeli la riforma delle parrocchie, in una lettera in cui ha ricordato anche le tre parole chiave della Diocesi veneziana: accogliere, annunciare, condividere. Parole che diventano le fondamenta della nuova impalcatura della chiesa veneziana.

Le novità

Diciannove parrocchie verranno ridotte a sei, una la chiesa di riferimento per il culto quotidiano, uno anche il parroco che poi verrà aiutato da altri preti, diaconi e laici, perché l’altra parola chiave della riforma è proprio «collaborazione». A confermarlo è anche don Massimiliano Causin, neo parroco delle cinque parrocchie di Dorsoduro che non rientreranno nel piano degli accorpamenti ma che, comunque, hanno già avviato la collaborazione tra le diverse realtà che la compongono.

«Abbiamo superato la logica dei campanili» ha ribadito don Causin, «tuttavia credo che sarebbe un’ingiustizia appianare tutto, le parrocchie sono molto vivaci».

Le chiese che resteranno

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Cosa ne sarà delle chiese che non formeranno più una parrocchia a se stante? «Non resteranno chiuse» precisa don Donadoni, «già da tempo si sta facendo un lavoro di razionalizzazione delle messe e abbiamo cercato di portare i ragazzi in una sola chiesa, quella di Santo Stefano, le altre verranno usate per i patroni o i vespri».
Don Antonio Papa, neo parroco bresciano arrivato qualche settimana fa a San Giobbe, sottolinea come la parrocchia di San Girolamo era già stata assorbita da tempo, «alla fine avremo San Giobbe come chiesa parrocchiale, le altre due saranno adibite alle festività e quella di San Geremia e Lucia diventerà il nostro santuario per celebrare il culto di Santa Lucia» spiega.

La sostenibilità

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Alla base della decisione del Patriarca di accorpare le parrocchie, c’è il discorso sulla sostenibilità. «Non si può più sostenere una realtà con mille abitanti, bisogna andare verso l’idea di una parrocchia missionaria» ha ribadito Papa, rifacendosi alle parole di Moraglia. L’accorpamento è così la diretta conseguenza dello spopolamento del centro storico, che ha messo in crisi anche la Chiesa, proprio come tante altre realtà veneziane.

«La Visita pastorale» si legge nella lettera «che si avvia alla conclusione nei primi mesi dell’anno 2024/2025, ha mostrato, in particolare nel centro storico di Venezia, alcune comunità affaticate per le mutate condizioni sociali e demografiche ma anche la vitalità di parrocchie che hanno colto l’opportunità e il valore di essere in collaborazione pastorale, non rinunciando alle proprie identità e caratteristiche ma vivendole come arricchimento reciproco in spirito di condivisione e di accoglienza».