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Ноябрь
2024

Enrico Ghezze, l’architetto della neve: «Non riaprire Staunies è un errore»

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«Sono orgoglioso di aver contribuito a far entrare nel Dolomiti Superski anche l’area del Civetta e gli impianti della Marmolada. Di essere stato per 29 anni amministratore delegato della Società Impianti Faloria Cristallo e per 25 anni presidente del Consorzio Esercenti impianti a fune di Cortina d’Ampezzo, San Vito, Auronzo e Misurina, nonché consigliere del Dolomiti Superski, il consorzio più importante al mondo come area sciabile». E su Staunies conferma: «Non capisco perché si debba abbandonare quel progetto che ha tutte le autorizzazioni e i finanziamenti necessari e rappresenta per Cortina lo sci ai 3 mila metri del Monte Cristallo».

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A parlare è Enrico Ghezze, classe 1959. L’architetto della neve è stato festeggiato a fine agosto a Cortina in occasione della cerimonia che ha ricordato i 100 anni del primo impianto di risalita della regina delle Dolomiti, la funivia Belvedere, che collegava il centro con Pocol, e dei 50 anni del Dolomiti Superski.

Architetto, laureato allo Iuav di Venezia in progettazione architettonica, ha speso tutta la sua vita sugli impianti sportivi e di risalita, oltre che nel suo studio professionale. È stato, infatti, giocatore nella Sportivi Ghiaccio Cortina e nella squadra nazionale di hockey Under 20, con il ruolo di difensore, ed è membro dell’Associazione nazionale Atleti Azzurri d’Italia. «Che raccoglie tutti i nazionali», sottolinea, «e mi piace ricordare che noi bellunesi abbiamo il record di iscritti in rapporto alla popolazione».

È stato per 29 anni amministratore delegato della Società Impianti Faloria Cristallo, dal 1994 al 2023, una Spa che, con in testa Eugenio Monti, indimenticabile campione mondiale e olimpionico di bob, comprò le azioni dal barone Carlo Franchetti, un pioniere delle funivie, e che oggi ha come presidente Alessandro Menardi. Ghezze è stato anche presidente di Cortina Turismo, ente che ha messo insieme varie categorie e associazioni e che oggi si chiama Cortina Marketing; ed è tuttora consigliere nazionale di Anef (associazione degli impiantisti a fune), di cui ricopre la carica di vicepresidente per il Veneto (il presidente è Marco Grigoletto di Arabba).

Passione di famiglia. Come è iniziata l’avventura sulla neve?

«Venivo dalla piccola sciovia Lacedel e Pocol di mio padre e ho partecipato alle assemblee del Consorzio; nel primo triennio sono stato revisore dei conti, poi presidente per 29 anni. Una passione che ho sempre coltivato, quella dello sci, e che prosegue anche oggi, orgoglioso di aver dato il mio contributo alla mia città».

Anni di grande crescita...

«Sì, Cortina ha sviluppato la sua immagine di città della neve, che giungeva dalle Olimpiadi del 1956. Sono stati migliorati gli impianti, allargate le piste, adeguato il servizio sotto tutti i punti di vista, fino a diventare una meta internazionale, fiore all’occhiello per il nostro Paese».

Partiamo dalla società che ha diretto per quasi un trentennio, la Faloria Cristallo.

«Trenta chilometri di piste e una decina di impianti, ora sette, con un massimo di 90 addetti, compresi quelli che lavorano al rifugio Faloria. Devi stare sempre sul pezzo tutti i giorni e aiutare, coordinare i collaboratori».

Il segreto del successo?

«Aprire per primi e chiudere per ultimi; e farlo sapere. Per esempio, la data del primo maggio per noi è un simbolo, il traguardo della stagione, che a volte è iniziata anche a metà novembre, perché aveva nevicato ed eravamo gli unici pronti ad aprire. Poi saper sfruttare le manifestazioni internazionali: da trenta anni a Cortina abbiamo la Coppa del Mondo, con uno sforzo operativo notevole, ma anche sempre grandi soddisfazioni. Poi con la nostra società Faloria Cristallo, da 15 anni, facciamo una gara internazionale di snowboard in notturna con un seguito incredibile».

Ma oggi c’è chi dice che non nevica più, che c’è un inesorabile cambiamento climatico, che lo sci è morto, o almeno moribondo.

«Le problematiche ci sono, è inevitabile, ma anche le soluzioni. In mancanza di precipitazioni, abbiamo saputo sfruttare la neve programmata, con un impegno economico notevole e turni giorno/notte, così da dare ai nostri clienti la garanzia di poter sciare almeno dal primo dicembre fino ad aprile. Questo dà lavoro per cinque mesi a tutto il sistema: alberghi, ristorazione, rifugi, attività commerciali, personale, artigiani. Gli allarmismi, a mio avviso, sono dunque ingiustificati: le variazioni climatiche si dimostrano sempre più imprevedibili, ma parlare nel breve di un cambiamento tale da rendere ingestibile la neve mi pare un’esagerazione».

Lei è stato il protagonista della vendita delle storiche cabine colorate di Staunies sul monte Cristallo, quando la cabinovia è stata chiusa; un’operazione di marketing che preludeva al rinnovo dell’impianto. Invece sembra che non se ne faccia più nulla.

«Ho letto e non ne capisco le ragioni. Era tutto pronto, autorizzazioni e un finanziamento di quattro milioni da parte della Regione Veneto per riportare lo sci ai 3.000 metri del Monte Cristallo, un’attrattiva unica per gli sciatori di tutto il mondo ed anche per il turismo estivo. Spero ci ripensino».

Quanto sono importanti le manifestazioni sportive internazionali?

«Moltissimo. Ricordo che nel 2015 a Cortina abbiamo dovuto affrontare il referendum per il Mondiale del 2021, pronunciarci sul sì o sul no. Come Ufficio Skipass abbiamo fatto una vera campagna elettorale per contrastare i contrari e abbiamo vinto col 60% dei voti. Sono orgoglioso perché senza quella vittoria non avremmo avuto i Mondiali e nemmeno la successiva candidatura olimpica».

E sulla pista da bob, mai avuto dubbi?

«Hanno fatto benissimo a farla; la prima costruzione era del 1923, poi è stata intitolata al nostro ex presidente Eugenio Monti, era impossibile non dare un seguito. E sulla gestione troveremo le soluzioni. Nel 2006 a Cesana hanno speso tanti soldi quanti ora a Cortina, e loro non hanno la nostra tradizione, per questo hanno poi abbandonato tutto: qui non succederà».

Torniamo al Dolomiti Superski che ha festeggiato i 50 anni.

«E io i 25! Ho sempre creduto molto in questo progetto al cui centro c’è stata sempre Cortina. Come bellunese, poi, sono contento che nel 1993 siamo riusciti a far entrare nel Dolomiti Superski il Civetta, con risultati positivi che si possono apprezzare tutt’oggi. Poi nel 2000 esisteva ancora una enclave dove il nostro skipass non valeva, era la Marmolada, entrata in quell’anno, chiudendo un cerchio e dandoci un maggior peso nei confronti di Trentino e Alto Adige. Nel 2013 poi siamo riusciti a creare il Supersummer, con l’apertura già dalla prima estate di ben 100 impianti».

Cosa c’è nel suo futuro?

«Lavoro nel mio studio, scio d’inverno e sto scrivendo un libro sulle Olimpiadi del 1956 perché ancora mancava».