Radon, il parere degli esperti: conseguenze, rischi e consigli utili, ecco quello che c’è da sapere
«Tra i non fumatori il radon è una delle principali cause del tumore al polmone. I bambini sono più a rischio degli adulti anche se per sviluppare la malattia sono necessari almeno 20 anni di esposizione». Il presidente regionale dei medici per l’ambiente, pneumologo dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, Mario Canciani, spiega le conseguenze che può provocare l’esposizione al radon nella regione con le più elevate concentrazioni medie all’interno delle abitazioni.
Canciani non si stupisce dei risultati delle rilevazioni effettuate in Friuli Venezia Giulia e invita gli abitanti nei comuni più esposti ad adottare le misure più opportune per ridurre la concentrazione del gas naturale. «È fondamentale arieggiare, anche con sistemi di aspirazione alternativi, le cantine, i seminterrati e i primi piani». Da qui l’invito a informare la popolazione e a garantire rilevamenti continui. Lo stesso Canciani ricorda che ci sono organismi privati in grado di effettuare la determinazione del radon fornendo i kit per rilevare l’accumulo del gas. «La zona con le maggiori concentrazioni è quella della Pedemontana» insiste il medico per l’ambiente, nel ribadire che «tra i non fumatori esposti al radon il tumore al polmone può comparire dopo 20, 30 anni di esposizione. Trattandosi di un agente radioattivo, il radon danneggia le cellule bombardandole continuamente». L’invito quindi a monitorare la situazione è quanto mai giustificato.
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Lo stesso invito viene fatto arrivare dalla ricercatrice in Chimica generale e inorganica dell’università di Udine, Eleonora Aneggi, impegnata, nei precedenti anni accademici, nella formazione dei tecnici esperti di interventi di risanamento dal gas radon negli edifici. È proprio lei a spiegare che la normativa del 2020 ha ridotto i livelli di riferimento per le abitazioni e per i luoghi di lavoro portandoli a 300 Bq/m3 per le case esistenti, 200 per quelle costruite dopo il 31 dicembre 2024 e 300 per i luoghi di lavoro. «Mentre i datori di lavoro – fa notare la ricercatrice – sono obbligati a controllare la situazione all’interno di stabilimenti e uffici, i proprietari delle abitazioni non devono sottostare allo stesso obbligo». Ecco perché anche Aneggi invita gli abitanti nei comuni più esposti a posizionare magari sopra gli armadi visto che dovranno rimanere nello stesso luogo diversi mesi, i dispositivi di rilevamento».
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Per quanto riguarda, invece, le misure di prevenzione, la ricercatrice indica alcuni interventi possibili per ridurre la presenza del radon. «Nelle case in costruzione va creato un vuoto sanitario, nel caso di immobili realizzati in passato, invece, basta effettuare delle aperture che permettano il passaggio dell’aria. Il gas radon – spiega ancora la studiosa – si sviluppa nel sottosuolo e per l’effetto camino entra nelle abitazioni. A quel punto diventa fondamentale valutare se e come la casa è stata isolata». La concentrazione di radon all’interno degli ambienti può essere favorita anche dai materiali da costruzione ecco perché – insiste Aneggi – «va analizzato dove poggia l’immobile e le caratteristiche costruttive». La ricercatrice invita però a non fare alcun allarmismo: «È un problema sanitario importante ma non tale da creare allarmismi. Con un po’ di attenzione i rischi si possono ridurre, iniziando ad arieggiare i locali. Il gas fuoriesce dove trova le vie di fuga, due case vicine possono avere livelli diversi».