Trieste, la statua di Saba rinnovata: «Ora è a prova di vandalo»
«La pipa non sarà mai schiava della scultura, bensì questa di quella». Dino Buzzati, gran cultore in materia, non poteva certo riferirsi alla statua di Umberto Saba, eppure quelle parole (pubblicate in un pamphlet del 1946) sembrano scritte apposta per raccontarne le peripezie. Impossibile pensare al monumento di via San Nicolò senza pensare alla sua pipa (e al suo bastone), privato dei quali il ritratto bronzeo del poeta è apparso per lungo tempo artificioso e incompiuto.
Il loro recente ritorno è stato perciò salutato con la reverenza che si deve a un elemento indispensabile dell’immaginario di Saba, ma alla soddisfazione è presto seguita una domanda: quanto durerà, stavolta? La pipa non gode infatti soltanto di una impareggiabile fama letteraria. Da oggetto di plurisecolare venerazione quale è, ha finito con l’essere vittima, almeno nel nostro caso, di reiterati atti vandalici, creando nella coscienza dei triestini una sorta di esasperato fatalismo. Molti credono sia solo questione di tempo per vedere Saba nuovamente spogliato del suo armamentario da passeggio.
Ma ci sono ragioni per avere speranza. Il Comune ha affidato l’operazione – completata la scorsa settimana, a ridosso della fine dei lavori nella libreria del poeta – al Laboratorio restauri d’arte, che dal 1986 è specializzato nel ridare lustro a monumenti e manufatti di vario genere. Lo stesso assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi aveva annunciato giorni fa «una saldatura e un fissaggio più efficace della pipa e del bastone», augurandosi che «eventuali comportamenti incivili vengano immediatamente segnalati da chiunque abbia a cuore i simboli culturali della nostra città».
Viviana Deffar e Donatella Russo Cirillo, alla guida del Laboratorio restauri d’arte, si sono quindi rivolti come supervisore a Davide Di Donato, “free lance” del settore già artefice di restauri analoghi in passato per la città (vedi articolo sotto). «È stato un lavoro di squadra», racconta Di Donato, ricostruendo le tappe di un progetto che dovrebbe porre la parola fine alla tormentata storia della statua.
«Siamo partiti da uno studio preliminare usando alcune fotografie, per ricostruire le parti in questione quanto più vicine all’originale possibile», spiega sempre Di Donato. La statua nel complesso è opera di Nino Spagnoli, che a sua volta si era basato su una fotografia di Federico Patellani. Le sue condizioni erano buone, fa sapere Di Donato, fatta eccezione per alcuni tratti di pennarello indelebile puliti con l’uso di solventi.
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Ma la vera sfida era, appunto, ricostruire pipa e bastone cercando di immunizzarli da ulteriori sfregi. In tal senso l’équipe arruolata dal Comune ha studiato una serie di stratagemmi, che inducono Di Donato ad affermare con ironia: «Se qualcuno provasse a tirare un calcio al bastone, quantomeno si fratturerebbe il metatarso». Questo è stato infatti dotato di un’anima in acciaio da otto millimetri, che eccede rispetto al rivestimento in bronzo di circa dieci centimetri da entrambi i lati. Sul selciato è stato inoltre applicato un tassello chimico cementizio (di fatto paragonabile al cemento vero e proprio) che dovrebbe assicurare una notevole adesione fra il bastone e l’asfalto. A livello di impugnatura, il bastone è stato invece saldato a bronzo.
Analoghi accorgimenti sono stati presi per la pipa. Tanto che è stata appositamente ruotata così da lambire il bavero del cappotto, dov’è stata applicata una saldatura invisibile a occhio nudo. Sul lato del bocchino è stata poi avvitata una barra di acciaio di cinque millimetri, che attraversa internamente la statua (cava) di Saba dalla bocca alla nuca. Insomma, una doppia saldatura che dovrebbe proteggere la pipa anche dal più forzuto dei ladri.
Va da sé che fra lo studio preliminare e il fissaggio dei pezzi definitivi alla statua ci sono stati dei passaggi intermedi. Il Laboratorio assieme a Di Donato hanno creato bastone e pipa in plastilina professionale, per poi inviarli alla fonderia Brustolin di Verona, che ha a sua volta adottato il metodo della cosiddetta fusione a cera persa. La veronese Brustolin, peraltro, è la stessa fonderia dietro al “doppione” di Mikeze e Jakeze del Municipio (l’originale è conservato al Castello di San Giusto). Sperando che il simpatico precedente porti maggiore fortuna a Saba.