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Ноябрь
2024

Nel campo di concentramento morirono 471 persone: a Gonars la commemorazione delle vittime

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È stata celebrata, come ogni primo di novembre, al sacrario monumentale di Gonars, la cerimonia di commemorazione delle 471 persone morte tra il 1942 e il 1943 nel campo in cui vennero internati più di 6 mila civili sloveni e croati. Il monumento ossario di Gonars fu costruito nel 1973 per iniziativa della Repubblica Federativa di Jugoslavia.

La prima parte delle celebrazioni si è svolta al sacrario del cimitero, dove si sono vissuti momenti di vera emozione all’esecuzione da parte della Marching band di Gonars degli inni nazionali sloveno, croato e italiano, seguiti dall’inno europeo.

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Erano presenti, oltre alle autorità civili e militari, diverse rappresentanze ex combattentistiche giunte dalla Croazia e dalla Slovenia, insieme all’Anpi della provincia di Udine.

Gli interventi istituzionali, presentati dall’assessore Maria Cristina Stradolini, sono iniziati con il sindaco di Gonars, Ivan Boemo, che ha ricordato come la ricorrenza fosse finalizzata a «onorare la memoria di un periodo tragico della nostra storia: la Seconda guerra mondiale. Un tempo in cui milioni di innocenti furono privati della loro libertà e della loro dignità – ha detto –. Giovani, anziani, donne e bambini furono strappati alle loro vite e alle loro famiglie e deportati in luoghi lontani per essere sottoposti a trattamenti disumani. Questi atti inumani portarono alla creazione di campi di internamento, tra cui quello di Gonars, dove molti sloveni e croati, in gran parte provenienti da Vrhnika, persero la vita a causa della fame e delle malattie».

Ha ricordato che nel 2009 è stato eretto un monumento sul sito del campo di internamento per restituire dignità a un luogo segnato dal dolore. «Oggi – ha ribadito – l’Ossario e il monumento sono diventati simboli di memoria e speranza, non solo per le delegazioni slovene e croate, ma anche per scolari di tutta Italia».

Rivolto ai giovani ha aggiunto l’invito a «capire la storia e a riconoscerne gli errori, anche se le nostre parole sembrano non trovare ascolto negli scontri che imperversano in Ucraina, in Libano, in Israele, lungo la striscia di Gaza. Ma proprio per questo, non possiamo arrenderci».

Antonella Lestani, presidente Anpi di Udine, ha ricordato invece Marcio Cordaro, medico nel campo di Gonars che raccontò le morti per fame e le tragiche condizioni di vita, «una delle pagine più buie della storia».

Commosso l’intervento di Vesna Humar, rappresentante della segretaria di stato slovena, presente il console generale a Trieste, Gregor Suč, che ha sostenuto come «dall’odio può nascere la luce. Nessuno di noi sa come evitare una guerra – ha affermato –: vedendo le immagini di questi giorni ci sentiamo impotenti, ma siamo anche responsabili di quanto accade».

Per la Croazia è stata letto dall’assessore Stradolini il discorso del console generale Davorka Saric che rimarcava l’importanza di «coltivare la pace e la tolleranza per creare un futuro in cui i giovani possano edificare un mondo migliore».

A conclusione, è intervenuto il presidente del Consiglio regionale Mauro Bordin, che ha sottolineato come «nel nostro vocabolario, esiste un’espressione tanto semplice quanto potente: “chiedo scusa”. Che non significa cancellare il passato, perché il passato rimane e va letto, ma significa chiedere scusa degli errori commessi e delle vittime innocenti causate. Oggi l’Italia è un Paese libero e democratico, che ha la forza e la voglia di riconoscere le azioni ignobili che segnano il suo passato. Oggi Italia, Slovenia e Croazia – ha aggiunto – sono tre Stati che dialogano, collaborano e si stimano reciprocamente. Giornate come quella di oggi sono la testimonianza di come si possa superare quanto di negativo è accaduto in passato e creare condizioni di collaborazione tra popoli. La nostra è vicinanza alle vittime e al contempo punto da cui partire per imparare, per un presente e un futuro migliori».

La seconda parte si è svolta nell’area in cui sorgeva il campo di concentramento, con la deposizione di corone sulle lapidi.

Costruito nel 1941 per prigionieri di guerra russi, il campo di concentramento non fu mai utilizzato per quello scopo. Nel 1942, invece, fu destinato all’internamento dei civili sloveni e croati.