Hello Kitty compie 50 anni: storia della micetta-bambina che dal Giappone ha conquistato il mondo. Incassando 80 miliardi
Qualche èra prima degli e delle influencer, un imprenditore della seta della provincia di Yamanashi e una giovanissima designer, hanno dato vita alla “comunicatrice sociale” che è ancora oggi la più influente e ricca al mondo. E pensare che non ha neanche la bocca! Nessuna come lei riesce a interagire meravigliosamente senza confini. Chi é? Si chiama Hello Kitty e oggi è una cinquantenne gattina/ragazzina, ma agli inizi della carriera non avena neppure un nome, infatti veniva definita “Namae no nai Shiroi Koneko” (la gattina bianca senza nome). Ben presto un nome l’ha ottenuto, ed è diventata l’icona pop giapponese (non tutti lo sapevano all’inizio) per eccellenza.
Kitty White primeggia con finta modestia nell’immaginario collettivo, più di qualsiasi anime, manga o morbido peluche, la si trova nei raduni cosplay, ed è presente senza soluzione di continuità un po’ ovunque: dagli zaini alle magliette, dai bagno schiuma ai prodotti di cancelleria, fino ai tostapane, ai gioielli tempestati di brillanti, agli aerei e treni veloci. Un tesoro di personaggio che compare su tutto ciò in cui è possibile applicare il suo riconoscibile faccino bianco, con il fiocchetto rosso sopra l’orecchio sinistro.
È di fatto onnipresente e non da oggi, qualcosa che Tsuji Shintaro (fondatore dell’azienda Sanrio e oggi 96enne) non avrebbe mai immaginato quando nel 1974 chiese alla creativa Shimizu Yuko di disegnare una gattina da applicare sulla plastica di un piccolo portamonete. Requisito fondamentale richiesto: avrebbe dovuto essere “carina” molto, tantissimo. A Shimizu, appena venticinquenne, venne in mente la bianca micia che da bambina le era stata regalata per un compleanno e la disegnò, omettendo però di tracciarne la bocca. Il suo progetto superò la competizione, facendolo preferire alle diverse proposte presentate da altri candidati. E fu così che nacque il personaggio, ma nessuno all’epoca immaginava che quella faccina in qualche modo inespressiva, priva di consueta sinuosità felina, sarebbe stata destinata alla conquista del pianeta.
Anche perché non era stata concepita come un personaggio di Walt Disney, o come per i Peanuts di C. Schulz, ovvero legata a un fumetto, a un cartone animato, né a un programma televisivo di cui diventare fan. Diversa da tutti e tutte, Hello Kitty inizia la sua carriera come “pura immaginazione” ovvero in qualità di “merchandise character”, senza una storia “importante” dietro, cosa che ha lasciato per diverso tempo totale libertà agli acquirenti di percepirla come meglio volevano. In pratica è stata disegnata per rendere un oggetto piattamente ordinario qualcosa di speciale, qualità che dal portamonete di plastica trasparente degli inizi continua ad accadere fino ad oggi, ovunque appaia Kitty chan. Sebbene con minore ampiezza, la stessa modalità avviene anche per i 450 caratteri della numerosa famiglia Sanrio.
“Questa tecnica commerciale, che ricorda la filosofia di base dello zen, intenzionalmente o meno, ha permesso a Hello Kitty di diventare da subito la principessa sinonimo di purezza per i più piccoli, una compagna da coccolare per le bambine, e un viale dei ricordi per persone adulte desiderose di rivivere un certo gusto d’infanzia” sostengono Ken Belson e Brian Bremner, nel libro “Hello Kitty, The Remarkable Story of Sanrio and the Billion Dollar Feline Phenomenon”. Pure la saggistica se ne occupa e non da oggi. La maggior parte di noi non ne ha coscienza attiva, eppure il fenomeno Hello Kitty — a cui nel tempo è stata cucita addosso una storia: il suo cognome è White ed è nata a Londra, è alta cinque mele e ne pesa tre, ha una sorella gemella di nome Mimi, vive con papà e mamma a cui è molto affezionata nei sobborghi della capitale britannica, è fidanzata con Dear Daniel e ha tantissimi amici – ha funzionato per anni come ponte fra Est e Ovest.
Con la naturalezza disarmante del “Kawaii”, il tenero-potere della graziosità (categoria estetica imprescindibile in Giappone che comprende tutto ciò che appare innocente, adorabile, puro, semplice, gentile, e pure vulnerabile) unita alla lungimiranza del marketing, Hello Kitty ha conquistato una generazione dopo l’altra. Uno stuolo di fedelissimi tra nonne, madri e nipoti, incluse stelle del pop com Cameron Diaz, Lady Gaga, Avril Lavigne, Taylor Swift. La gattina è anche Children Ambassador per l’ Unicef.
Fandom a parte, è il business ad essere fenomenale, con i Ceo dei brand più costosi a corteggiarla, disposti a pagare fior di ogni variegata valuta pur di ottenere la sua figurina sui loro prodotti. Chi di non ha mai avuto un pigiama, una matita, un diario o una maglietta con lei stampata sopra? E Sanrio Co. LtD accetta da sempre con entusiasmo. Nella classifica mondiale di tutti i tempi per i franchising, Kitty chan con 80.026 miliardi di dollari si trova al secondo posto dopo Pokémon, seguita al terzo da Winnie the Pooh, e da Mickey Mouse al quarto. A patto che nelle collaborazione con altre realtà imprenditoriali, Hello Kitty mantenga l’aura di “migliore amica del cuore”, aliena alle polemiche e distante da qualsiasi discriminazione. Squadre di calcio e altri sport – AC Milan nel 2014 ad esempio -, il mondo della moda – Diesel, Liberty e Smart, Adidas, Balenciaga e Furla – il settore automotive, gioiellieri (Swarovski), hanno firmato contratti con lei.
Non si tratta solo di affari tuttavia. Sui social e sui siti gestiti dai fan sparsi, il messaggio che diffonde è quello della gentilezza, comprensione, amicizia, oltre ogni confine geografico e culturale. Lo scorso giugno durante il viaggio in Uk dell’imperatore Naruhito e della consorte Masako, al pranzo di stato offerto alla coppia imperiale a Buckingham Palace da King Charles e Camilla, nel suo discorso di benvenuto il re con un bel sorriso anticipatore, si è preoccupato di ricordare: “Desidero fare gli auguri di compleanno a Hello Kitty”. Una micetta (forse però è una ragazzina) che vive da sempre nei sobborghi di Londra con la sua famiglia, e ha tantissimi amici, eppure è totalmente giapponese. Insomma, un’invenzione senza pari, e non sia mai che ci si dimentichi noi di farle i complimenti per i suoi primi graziosissimi cinquant’anni. Tanti, tantissimi auguri Kitty chan!
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