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Октябрь
2024

Si torna a parlare anche di “fair share” per le reti TLC

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Il governo delle contraddizioni si ripete. Mentre è ancora in corso il balletto (interno) sull’eventuale aumento della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute e asset digitale, l’esecutivo è alle prese con un’altra questione attinente all’ecosistema delle aziende del tech. Parliamo del cosiddetto “fair share”, ovvero quel contributo che – per legge – si vuole far pagare ai grandi operatori OTT nei confronti delle aziende che si occupano delle reti di telecomunicazione. E pensare che l’Italia, a più riprese, ha bocciato pubblicamente un’iniziativa legislativa analoga proposta dall’allora Commissario Europeo Breton.

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L’introduzione del fair share potrebbe arrivare in Italia attraverso una serie di emendamenti alla legge sulla Concorrenza. Sono stati, infatti, depositate alcune proposte proprio dai partiti della maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia). Tutti con lo stesso obiettivo: prevedere (sotto forma di obbligo) il finanziamento da parte delle Big Tech sulle nuove reti di telecomunicazione nazionale. Nello specifico, si fa riferimento a sei dei gatekeeper individuati – proprio dall’Europa – nell’ambito del Digital Service Act (DSA): Alphabet (Google), Amazon, Apple, ByteDance (TikTok), Meta e Microsoft.

Fair share, gli emendamenti alla legge sulla concorrenza

Si tratta, dunque, di una sorta di equo compenso che queste grandi aziende/holding dovrebbero versare nelle casse delle aziende che si occupano dell’implementazione e aggiornamento delle reti di comunicazione. Un principio secondo il quale quei servizi che “consumano” più rete, dovrebbero contribuire al funzionamento stesso delle reti di telecomunicazione. Si tratta, dunque, di una sorta di tassa nascosta che non è mai piaciuta – ovviamente – alle grandi aziende multinazionali del tech che si erano già messe di traverso nel corso degli scorsi anni, quando una proposta analoga (almeno per finalità) era arrivata dall’ormai ex Commissario al Mercato interno dell’Unione Europea Thierry Breton.

Il paradosso

Quell’iniziativa fu bloccata nel giro di pochi mesi, con una bocciatura da parte della stessa Commissione Europea dopo una serie di consultazioni. E qual era la posizione dell’Italia? Il nostro Paese, sempre sotto la guida del governo Meloni (si è iniziato a parlare di tutto ciò alla fine del 2022), era contraria al fair share e il sottosegretario Alessio Butti lo aveva sottolineato in più occasioni:

«Non solo metterebbe a repentaglio i nostri obiettivi come Paese ma anche quelli del Digital Compass europeo. Una tassa su internet può ostacolare in modo significativo l’evoluzione del mercato digitale e limitare la scelta dei cittadini dell’Unione europea». 

Queste parole risalgono a circa un anno fa, proprio mentre si abbandonava il progetto della Commissione UE e poco dopo che l’Italia aveva annunciato il suo astensionismo qualora si fosse arrivati al voto. Oggi, invece, il governo torna a contraddire sé stesso.

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