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Ogni giorno 2 mila ore di solidarietà: «Ma calano i volontari nel sociale»

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Sono ben 2 mila i volontari che ogni giorno, in provincia, donano almeno un’ora del loro tempo agli altri, a chi ha più bisognoso: ovviamente gli umani, ma anche gli animali, l’ambiente. Basta qualche semplice moltiplicazione per fare il conto che ogni giorno vengono donate 2 mila ore di “lavoro” che, tradotte in valore, quantificano 40 mila euro. Ogni anno, quindi, 730 mila ore, in sostanza un patrimonio di 15 milioni di euro. «Ma non è questo che conta», specifica immediatamente Gianluca Corsetti, presidente del Comitato d’Intesa. «Sono 91 mila giornate di lavoro che sottraiamo alla nostra famiglia, ai nostri affetti, per darle gratuitamente (ripeto: gratuitamente) a chi è meno fortunato di noi e si trova ad avere maggiori necessità».

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Ieri pomeriggio il Comitato d’Intesa ha tenuto l’assemblea per eleggere il consiglio direttivo e l’organo di controllo; nei prossimi giorni seguirà la scelta del presidente.

Quante associazioni aderiscono al vostro coordinamento?

«Sono 181 organizzazioni di volontariato che associano circa 5 mila persone che mettono a disposizione chi qualche decina di minuti, chi anche mezza giornata al dì. Con noi, però, ci sono realtà come i Donatori di sangue che “viaggiano” verso gli 8 mila volontari. E, per la verità, abbiamo persone che si dedicano a più associazioni. Prendiamo gli uomini e le donne del Soccorso alpino, per esempio; li troviamo impegnati anche in altri ambiti».

Il volontariato è in crisi anche nel Bellunese?

«Attraversa qualche difficoltà, ma non nella dimensione preoccupante della pianura o della città. La nostra gente è molto solidale. Piuttosto constatiamo anche da noi un cambiamento del volontariato: quello dedito al sociale e al sanitario si sta progressivamente allentando, mentre cresce la disponibilità verso la cultura, l’ambiente, gli stessi animali. I giovani, ad esempio, preferiscono questi ambiti rispetto a quelli più impegnativi».

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I giovani, cioè, sono più disimpegnati?

«Non voglio dire questo, ma semplicemente ricordare che per salire su un’autoambulanza bisogna frequentare corsi di formazione professionale da 100 ore. E non sempre un giovane trova questa disponibilità».

Qual è la vera sfida di oggi?

«È importante donare il proprio tempo, magari nella consapevolezza che non verrà restituito. Ma sarebbe importante anche assumersi più responsabilità, mettendosi a disposizione delle proprie associazioni per gestire e pianificare le azioni, provvedere alla loro organizzazioni. Riscontriamo, infatti, che c’è una disponibilità sempre minore a far parte di quella “classe dirigente” che è necessaria anche per le nostre realtà, altrimenti in poco tempo queste vanno a esaurirsi».

In questi anni qual è stato il vostro impegno?

«L’impegno del Comitato d’Intesa è stato quello di valorizzare il ruolo politico del volontariato bellunese nei vari organismi di rappresentanza istituzionale. Abbiamo qualificato le attività del Comitato a favore della comunità e ci siamo adoperati per incrementare il senso di appartenenza dei soci».

Il volontariato è presente in ogni ente istituzionale?

«Sostanzialmente sì. Dai Piani di Zona alla Fondazione Welfare Dolomiti, dall’Azienda sanitaria alle Ipa, dai Gal all’Ats, ovviamente alla Prefettura».

In quali servizi siete più impegnati?

«Nel servizio trasporto e accompagnamento per conto della Regione, nel trasporto locale Ats Belluno e Feltre, nella progettazione di Erasmus e altri programmi, nella gestione della casa delle associazioni, nell’uso dei locali dell’ex portineria dell’ospedale di Belluno e dell’ex Moi, nel Servizio civile ai vari livelli, nello sportello per le tutele legali, nel Fondo solidarietà provinciale, nel microcredito bellunese. Partecipiamo a varie raccolte, all’organizzazione dei più diversi eventi, ci siamo spesi per gli aiuti umanitari all’Ucraina».

Quali impegni lasciate alla futura presidenza?

«L’impegno a proseguire nell’attività di promozione e condivisione della missione e della visione del Comitato d’Intesa, con l’obiettivo di incrementare il senso di appartenenza. E poi anche l’impegno ad analizzare la realtà associazionistica bellunese con l’obiettivo di incrementare la base sociale con gli enti del terzo settore di piccole dimensioni che non hanno rappresentanza, negli ambiti culturali, animativi e di promozione».

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