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Nucleare in Slovenia, appelli contro Krško 2: “Fermate il referendum”

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Se la politica che conta è sorda alle critiche, seppur minoritarie, allora bisogna tentare altre strade per contrastare un’iniziativa che si ritiene dannosa. O quantomeno fuorviante nei confronti dell’elettorato. Accade in Slovenia dove, con l’avvicinarsi del referendum consultivo su Krsko 2, aumentano le contrapposizioni sulla consultazione popolare.

La mobilitazione

Ad alimentarle, le iniziative di due organizzazioni e due persone fisiche – e di un partito ecologista – che hanno deciso di rivolgersi alla Corte costituzionale di Lubiana, sostenendo che il quesito referendario violerebbe svariati articoli della Costituzione slovena, oltre al 37 della Legge slovena sul referendum. E chiedono dunque che la Consulta analizzi la costituzionalità della decisione del Parlamento di dire sì alla consultazione.

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Ong autorevoli – “Focus – società per lo sviluppo sostenibile” e Pic, il “Centro legale per la protezione dei diritti umani e dell’ambiente” – che hanno messo nel mirino la domanda che sarà rivolta agli sloveni il prossimo 24 novembre, ossia se sostengano o meno «la realizzazione del progetto Jek 2», ossia Krško 2 che, «insieme ad altre fonti a basse emissioni di carbonio, garantirà una fornitura stabile di energia elettrica» alla Slovenia.

L’articolo 37

Focus e Pic che, nel loro ricorso alla Consulta di Lubiana, hanno denunciato che il quesito, relativo a un progetto costosissimo per le casse dello Stato, sarebbe in violazione dell’articolo 37, perché in contrasto con «la libertà di decisione» conferita ai cittadini. Infatti, secondo gli esperti legali del Pic, «la stabilità del sistema elettrico dipende da tutte le fonti di energia, dall’interconnessione con la rete europea e con l’infrastruttura di trasmissione».

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E non si dovrebbero dunque fare assunzioni a priori sull’assoluta necessità di Krško 2 per «la stabilità», che non sarebbe «garantita» affatto dall’atomo. Le critiche non sono finite, con i ricorrenti che hanno affermato che il referendum andrebbe contro gli standard stabiliti dal Consiglio d’Europa e dalla stessa Consulta slovena e soprattutto non stabilirebbe quale mandato sarà concesso al Parlamento in caso di sì alle urne.

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I privati

Uno degli altri due ricorrenti, il professor Dusan Plut, membro dell’Accademia slovena delle Scienze e delle Arti, ha invece chiesto che il referendum sia quantomeno posticipato, finché organi indipendenti pro e contro il nucleare forniscano all’opinione pubblica un quadro preciso su cosa prevede il progetto Krško 2. Un appello alla Consulta è arrivato anche da uno studente, che ha chiesto di fermare la corsa al secondo reattore per non far mancare «fondi per altre cose in futuro, come scuole e ospedali».

I partiti

Sollevazione per vie legali che è la seconda nel giro di pochi giorni. La prima petizione anti-referendum è arrivata infatti dal partito ecologista Vesna, fuori dal Parlamento a Lubiana ma forte di un europarlamentare a Strasburgo, Vladimir Prebilic. Anche Vesna ha chiesto di mettere in standby il referendum del 24 novembre, perché il quesito sarebbe «fuorviante».

Alla Slovenia, con una strategia bipartisan tra parte della maggioranza e opposizione di centrodestra, sta per essere «imposto un referendum pensato per non dare scelta e per non permettere un ampio dibattito sulle alternative» al nucleare, ha denunciato uno dei leader del partito, Uros Macerl. Quella domanda che gli sloveni leggeranno sulla scheda alle urne è congegnata per far loro credere che non ci sono alternative a Krško, ma «non ci sono prove in questo senso», ha fatto eco anche l’altra leader di Vesna, Ursa Zgojznik. E Vesna non è sola, dato che uno dei partner della maggioranza, Levica, ha annunciato che sosterrà la battaglia anti-referendum, «perché è troppo presto» per organizzarlo e «non abbiamo sufficienti informazioni sui costi», ha spiegato il coordinatore di Levica, Luka Mesec. —

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