Fondazione Cassamarca, fine di un’era: escono Gobbo, Semenzato e Gagliardi
Prima scadrà il consiglio di indirizzo e di programmazione, ad inizio dicembre, pochi giorni dopo il consiglio di amministrazione e di attuazione. Ma stavolta la scadenza dei mandati dei due consigli di vertice, in Fondazione Cassamarca, non è solo questione di rispetto delle norme statutarie.
È molto, molto di più di un calendario, di un’ agenda, di uno statuto.
Chi non può ricandidarsi
Il tetto dei mandati – non più di due da quanto è stato rivisto lo statuto di Ca’ Spineda – fa sì che non possano più essere ricandidati nè il vicepresidente del cda Gian Paolo Gobbo, padre della Lega, già europarlamentare e sottosegretario, sindaco dal 2003 al 2013 della città, nè Mariagrazia Bortoli, fedelissima segretaria di Dino De Poli e prima donna ai vertici di Ca’ Spineda.
Così come, nel consiglio di indirizzo, devono scendere l’ingegner Piero Semenzato, l’uomo che ha marchiato la fase immobiliare dell’era depoliana di Fondazione; l’avvocato Gianfranco Gagliardi, ex sindaco e già numero uno del Teatro comunale e degli altri teatri.
Ed altri due nomi che hanno fatto la storia dell’istituzione di piazza San Leonardo; l’ingegner Ubaldo Fanton, presidente vicario, designato dalla Provincia, e l’architetto Giovanni Squizzato, leghista castellano, altrettante memorie storiche di Ca’ Spineda.
Fine di un ciclo
Una rivoluzione. E la fine di quel ciclo aperto con la nascita di Fondazione, negli anni ’90, e che ha semplicemente marchiato Treviso e provincia, nell’ultimo decennio del secolo scorso ed il primo del corrente, prima che la grande crisi del 2008 investisse in pieno anche le casse di Fondazione – da allora non arrivo più nulla da Unicredit per oltre un decennio, quando solo pochi anni prima erano maturati 24 milioni di dividendi – e da quel momento Ca’ Spineda dovesse intraprendere una nuova missione, quella per la propria salvezza.
Ottenuta però non da Dino De Poli, ma dal suo successore Luigi Garofalo, presidente dal 2018: l’avvocato e docente universitario su cui puntavano sia il sindaco Manildo che poi la Lega con Gobbo, ha rimesso in si sicurezza i conti (e pensare che si era partiti, negli anni ’90 di fatidici duemila miliardi di lire nella cassaforte a disposizione di Fondazione) ed ha voluto che l’istituzione di San Leonardo smettesse ogni ruolo di attore immobiliare ed urbanistico del territorio per restare alla vocazione di polo culturale, a cominciare dalla università riportata a Treviso da De Poli nel 2000, e della promozione territoriale
Chi può restare
A conferma della rivoluzione, c’è la lista dei consiglieri colleghi che invece possono essere riconfermati, a patto di venir indicati nelle terne degli enti designatori: Amedeo Gerolimetto (Camera di Commercio), Tomaso Patarnello (Università di Padova), Giuliana Martina (Università Ca’ Foscari di Venezia), entrambi e Marina Malavasi (Associazione Comuni Marca Trevigiana).
Il presidente Garofalo, dal canto suo, non smonta, ma dev’essere indicato in una terna – nel 2018 lo fu in quella del comune capoluogo, quindi la palla spetta ancora a Mario Conte e alla sua maggioranza di centrodestra – per poter restare in sella. Paradosso delle norme che hanno differenziato scadenze ed insediamenti. Il cdi che va in scadenza prima del “fratello” deve nominare il consiglio di amministrazione.