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Il Pd del Nord: «No all’Autonomia modello Calderoli, rifacciamo anche il Titolo V della Costituzione»

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L’opposizione senza sconti alla riforma Calderoli; la restituzione allo Stato della competenza esclusiva su istruzione, commercio estero, banche, energia, grandi reti di trasporto e navigazione, previa revisione del Titolo V della Costituzione; la trasformazione di Palazzo Madama in Senato delle Regioni; il rafforzamento dei poteri e delle risorse assegnate a Province, Comuni, Città metropolitane.

L’Autonomia cooperativa

Dopo mesi scanditi dalla polemica Nord-Sud e dalla mobilitazione in vista del referendum abrogativo, il Pd lancia la “Autonomia cooperativa”, alternativa e concorrenziale al modello leghista. Lo fa a Brescia, dove i dem di Lombardia, Veneto e Piemonte riuniscono le assemblee regionali e i sindaci di città grandi e piccole (in primis Beppe Sala di Milano), con la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, garante del progetto di riscossa in terra padana.

Ampio spazio alla delegazione veneta: il veterano Ivo Rossi ha introdotto il dibattito; Vanessa Camani, speaker all’assemblea regionale, ha lanciato strali acuminati a Luca Zaia; il segretario Andrea Martella, in tandem con l’omologa lombarda Silvia Roggiani, ha concluso - provvisoriamente - una discussione che a breve termine riprenderà a Verona, nel confronto con le forze sociali e produttive, «per cogliere le reali esigenze dell’economia e del territorio».

Bocciata la riforma Calderoli

Punto di partenza, la bocciatura senza appello della legge approvata il 26 giugno scorso che ispira i negoziati in atto tra il Governo e le tre regioni a vocazione federalista. «Dal punto di vista giuridico, l’Autonomia differenziata voluta dalla maggioranza di governo non regge. E sul versante economico, con il rischio di creare venti diversi ordinamenti istituzionali, complica la vita delle imprese e ne danneggia la competitività, rendendo l’Italia ingestibile», è il commento del senatore Martella che tuttavia, alla difesa dello status quo, oppone «l’esigenza di un nuovo modello di regionalismo, davvero al servizio dei cittadini e dell’intero Paese».

Una replica implicita a quanti tacciano il Partito democratico di statalismo centralista e insensibilità alle pulsioni settentrionali.

«Una proposta vincente»

«In verità, a guardare le divisioni nel centrodestra, sembrerebbe che l’Autonomia interessi soltanto ai vertici della Lega. Noi però vogliamo costruire una proposta vincente anche in questi territori e nel Paese. Diciamo no alla tentazione di un nuovo centralismo su base locale, ciò che serve è un sistema efficiente e solidale, che non contrasti con il principio dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica. Poche materie, ma concrete e finanziate».

L’allusione investe i contenuti finanziari della riforma e l’andamento iniziale delle trattative, con i ministeri recalcitranti alla prospettiva di cedere quote di influenza e potere: «Il divario tra propaganda e realtà è sempre più evidente. A fronte dell’invarianza fiscale, il “residuo” ventilato - “ci teniamo i soldi” - si rivela un miraggio. Le 23 materie sbandierate da Zaia sono già scese a 9 e alcune richieste, dal commercio estero alla protezione civile, liquidate e respinte al mittente in un battibaleno. Era inevitabile, perché la legge Calderoli è un coacervo irrealizzabile».

L’obiezione: la revisione restrittiva del Titolo V della Costituzione suona come retromarcia vistosa rispetto a una modifica costituzionale concepita e attuata dal centrosinistra…

«Sì, fu un’iniziativa della nostra coalizione e all’epoca la Lega votò contro. Ma i tempi sono mutati. Viviamo una stagione diversa, scandita da pandemia, crisi finanziaria, guerre. Occorre una politica su scala europea, non certo regionale. Il ripensamento, allora, appare doveroso»