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Октябрь
2024

Scommesse in calo alle Padovanelle, il responsabile: «L’ippica resiste ma è di nicchia»

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È passato oltre un secolo da quando la sabbia ha riempito nel 1901 la pista all’ippodromo V.S. Breda. Eppure l’eccitazione in tribuna a “Le Padovanelle” ancora oggi smuove l’aria nei giorni di corse.

Brilla negli occhi di Benito Broggian, patron della camiceria Acis, tra i pochi (e a onor del vero tendenzialmente anziani) che non mancano una data a calendario. Ha novant’anni, in una mano il cronometro e nell’altra il bastone.

Lo sguardo è fisso al traguardo e, sulle ginocchia, ha carta e penna. Annota i tempi dei cavalli condotti al trotto dai guidatori a bordo del carrettino, il “sulky”. Una scommessa vincente vale metà dello show.

«Di gioventù qui ormai ce n’è poca. Da ragazzo gareggiavo e ho tramandato la passione a mio figlio. Dagli anni Ottanta vedo però che il mondo dell’ippica è cambiato, i monte premi delle competizioni si sono ridimensionati e l’affluenza all’ippodromo è più che dimezzata», racconta, «Ricordo i giorni di gran premio con gli spalti gremiti. Ovunque fiori e abiti elegantissimi. I campioni incoronati di alloro e, dalle fontane, getti d’acqua che si alzavano: tempi d’oro di questo sport e della gestione Grassetto dell’impianto. Oggi la struttura sta cercando di rilanciarsi».

Costruito e inaugurato a inizio del secolo scorso dal senatore-mecenate Vincenzo Stefano Breda, l’ippodromo di Ponte di Breda ha fatto la storia del trotto italiano nel mondo (casa, tra gli altri, del trottatore campionissimo Varenne).

Decaduto durante la guerra, il centro di proprietà della Fondazione Breda è stato restaurato dall’imprenditore padovano Ivone Grassetto che, dal 1962, lo ha riaperto con prestigio con la società “Le Padovanelle”. Nel 2011 la crisi raggiunta dalla disciplina e dal suo indotto, ne ha determinato la chiusura.

La fondazione è stata commissariata, il posto messo in vendita senza successo al punto che la Regione Veneto lo ha dato in gestione temporanea annuale dal 2013, fino all’acquisto per 2 milioni all’asta da parte di Giuseppe Stefanelli, unico acquirente nel 2022.

«Il motivo? Sorprenderà ma lo ignoro», racconta l’ex cestista in serie A al Petrarca, oggi 83enne. Noto imprenditore a capo della società Simac, e successivamente della Stefar, Stefanelli ha trainato da Padova un impero in Italia nel ramo dei trasporti.

«Sono orgogliosamente padovano, non ho un trascorso legato ai cavalli ma desidero rendere a Padova quanto mi ha dato. Questo luogo è un simbolo e desidero torni a funzionare sapendo che di solo trotto non può più vivere. Da ciò nasce il progetto di un’area polifunzionale sportiva tutta intorno», spiega.

Il restyling previsto lascerà intoccata l’anima equestre, oggi molto cambiata rispetto alle origini.

«Dopo la ripartenza nel 2013 il calendario di corse è stato ridimensionato passando da un’ottantina a 30 l’anno», chiarisce il responsabile dell’ufficio tecnico, Stefano Zanierato, «Oltre alle competizioni di routine vengono ancora ospitati 4 gran premi che attirano nomi di atleti internazionali. Lo zoccolo duro sono le sovvenzioni del Masaf più gli introiti da eventi collaterali introdotti, come sagre e feste. Non c’è stato un vero e proprio ricambio generazionale – continua – L’età media degli appassionati è avanzata, le tribune che in passato accoglievano 5-6 mila spettatori ne vedono 1.500 durante i giorni di punta. Una scuola trotto pony è nata per attrarre giovani interessati ma chi corre oggigiorno lo fa perché il mestiere è di famiglia».

Anche il fascino delle scommesse resiste ma non galoppa più. Basta guardare i montepremi: sovvenzionati da Stato e giocate, oggi a Padova vanno 3 a 7.700 euro per raggiiungere i 37.500 dei gp (nel 1999, Varenne portava a casa l’equivalente di 70 mila euro).

Una nicchia di cultori ancora le tenta online o in presenza ma la tradizione si è persa. «I ludopatici odierni stanno alle slot machine. Siamo in una nuova epoca, da reinterpretare», nota Zanierato. A non essere cambiato è il suono della campanella alle partenze.