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Октябрь
2024

Patui racconta Candoni: il 26 ottobre la presentazione del volume sul celebre drammaturgo friulano 

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Personaggio da riscoprire e valorizzare Luigi Candoni, uno dei più grandi drammaturghi che il Friuli abbia avuto, la cui opera si colloca nella grande tradizione postpirandelliana del teatro italiano del Novecento. E per la sua regione sostenne la necessità di un’autonomia amministrativa, a salvaguardia di lingua, storia e identità, spendendosi per l’istituzione di un’università.

A gettare nuova luce sulla sua attività è la monografia realizzata da Paolo Patui (Editrice Cue Press) “Luigi Candoni Un sipario ancora aperto sul teatro italiano del secondo dopoguerra” con il sostegno del Teatri Stabil Furlan. Sarà presentata dall’autore, in dialogo con Angelo Floramo, alla Libreria Friuli sabato 26 ottobre alle 18. Dialogo e coinvolgimento furono fattori essenziali nel transrealismo di Candoni, che ritrova una matrice nella drammaturgia di Luigi Pirandello. Sensibile alle avanguardie, ne riprese gli esperimenti, per tracciare un proprio solco in un teatro di dibattito e ricerca della verità.

Nato a Cedarchis di Arta Terme il 2 ottobre del 1921, Candoni perse giovanissimo il padre Enrico. Studiò allo Zanon dove si diplomò nel 1938, quindi alla facoltà di Economia e commercio a Trieste, laureandosi nel 1945. Con Gaetano Cola fondò a Udine il settimanale Quadrante facendosi assumere all’acciaieria Safau. Con il trasferimento a Roma, iniziò la sua attività di sperimentazione in un contesto culturale vivace e stimolante. Una fase prolifica, quasi bulimica, che pose le basi della sua poetica teatrale. Se Dio non ha fretta gli assicurò visibilità, fu Un uomo da nulla a fondere strutture drammaturgiche ancorate al teatro tradizionale e percorsi innovativi. Il desiderio di svecchiare un ambiente teatrale fermo e immobile lo portò a organizzare sin dal 1956 il Festival delle Novità, fucina di sperimentazioni a volte spericolate.

E per afferrare nuovi linguaggi, andò a “sciacquare i panni a Parigi”. Nella seconda stagione del Festival inserì proposte che incontrarono il gusto del pubblico, da Palle di Neve ai sequel Troppo amore, Il giornale di mai, Seni per il cinema, Sessolini nella scarpa, fino a Le Olimpiadi dei clowns e a Nessuno muore dove la dimensione drammaturgica è sospesa in una bolla irreale. Dal 1958 arrivarono i riconoscimenti e i premi, gli si aprirono così le porte dei Teatri Stabili. Le angosce esistenziali affiorarono ne Il futuro è degli imbecilli, al debutto il 31 agosto 1962 per la regia di Nico Pepe.

Desidero del sabato sera, dramma ambientato in un piccolo borgo carnico che mette in scena una vita di sofferenze e di speranze, divenne uno di testi più rappresentati e tradotti all’estero. Le sue creazioni furono interpretate su illustri palcoscenici, da interpreti come Camillo Pilotto a Valentina Fortunato, Alberto Lupo, Corrado Pani e Paola Borboni.

Vertici dell’operosità “romana” furono Edipo a Hiroshima del 1961 e Sigfrido a Stalingrado del 1964, in cui gli spunti del “day-after” nucleare e della tragedia della guerra si sollevano nel dibattito eterno tra menzogna e verità. Una fecondità che Candoni mantenne nella terza fase degli anni Settanta quando, minato dalla malattia, rientrò in Friuli con nuovo attivismo che si tradusse nella fondazione nel 1969 della Compagnia Teatro Orazero e nel 1970 del premio Arta Terme. Risale al 1970 il singolare esperimento di “Offplay”, strutturato come happening a tema, ma aperto e irripetibile, per nove giorni di rappresentazioni, improvvisazioni, dibattiti-provocazione, decentrati sul territorio. Il suo congedo definitivo, Strissant vie pe gnot assunse quasi le valenze simboliche della regressione ancestrale ai motivi e alla lingua delle origini.

«Verrà spontaneo chiedersi – suggerisce Patui dopo aver ricostruito con rigore e grande efficacia la parabola esistenziale e professionale di Candoni – come mai il suo nome sia finito nel dimenticatoio. Candoni possedeva una verve polemica estremamente aggressiva e aveva il coraggio di esporsi per gli altri e a differenza degli altri – la risposta –. Per lungo tempo ha dovuto scontare le inimicizie e le ostilità di testate e giornalistiche o di critici».

Una zona d’ombra che la monografia di Patui può illuminare, favorendo l’operazione di riscoperta e di valorizzazione che una nuova generazione di critici e di storici ha avviato. —