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Октябрь
2024

Addio a Carlo Sovilla, maestro del colore e della pittura dal vero. Lutto a Belluno

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Una vita dedicata alla pittura. Alla luce, le ombre, il colore. Potente, prima, delicato poi. Carlo Sovilla, stimato e conosciutissimo pittore bellunese, se n’è andato sabato sera, nella casa di Borgo Prà dov’era nato e dove ha sempre vissuto, a due passi dall’atelier dove ha realizzato migliaia di quadri e dove si è recato fino a due anni fa, pur con un’andatura resa ormai instabile dall’età, ma tenuto sempre sottobraccio dall’amata moglie Italia, con la quale aveva condiviso settant’anni di vita. Aveva 95 anni.

Pittore dal vero, celeberrime sono le sue nature morte e i paesaggi, che dipingeva come gli Impressionisti: cavalletto piantato e gli occhi a cogliere le luci, le ombre, i colori. Tutto en plen air. Le nature morte no, quelle le componeva nel suo studio. Fiori, frutta, strumenti musicali, oggetti di uso comune, posizionati in modo da creare sempre un’armonia. Per dare ordine e pennellarlo poi sulla tela.

Si era formato da solo, Carlo Sovilla. Autodidatta, da Toni Piccolotto aveva appreso l’utilizzo della tavolozza e l’importanza di saper attendere l’attimo in cui il sole sorge o tramonta, per cogliere la natura nei suoi più vari e compositi aspetti. Quella natura che ispirò gran parte della sua attività pittorica.

Ha ritratto la Valbelluna in tutte le stagioni e le prospettive. Ma amava viaggiare, scovare angoli d’Italia, scorci e nuove emozioni, che raccontava con le sue pennellate. «Amava il Sud, una terra dai colori caldi», racconta il figlio, Francesco Sovilla. Ma anche l’Umbria, le Marche, l’Emilia Romagna. Non dipingeva le Dolomiti, troppo dure e aspre. Preferiva i dolci pendii della pedemontana, il Piave, le vedute del centro storico di Belluno visto dal suo studio, con il campanile di Santo Stefano a dettare la composizione.

Le prime opere furono due ritratti: quello del padre e della nonna. Sono datati 1961. Poi ecco arrivare le nature morte, altro tratto distintivo della lunga carriera di Sovilla. Molte con strumenti musicali, perché Sovilla era anche musicista: suonava il clarinetto e il sassofono, e amava andar per rigattieri a recuperare vecchi strumenti, libri e oggetti di uso quotidiano quali lampade ad olio, ciotole, vasi di fiori, per costruire le composizioni che poi pennellava sulle tele. “Una natura morta di Sovilla - di strumenti musicali o di fiori, di umili oggetti o di frutta e verdura - è come una finestra aperta ai nostri sogni, alle nostre più segrete aspirazioni, ai momenti più incantati della nostra fantasia”, scrisse di lui Paolo Rizzi, in un noto volume che raccoglie e racconta la carriera del pittore bellunese.

In tutte le sue opere dominano colore e luce. Non è un caso che fra i pittori che più amava (e che è andato ad ammirare dal vivo visitando i musei di mezza Europa) ci fossero Rembrandt, Vermeer e Chardin. Più accesi, i colori, nella fase della sua carriera in cui frequentava l’atelier di Neno Mori a Venezia. Più delicati e rarefatti negli ultimi anni, a dimostrazione di un’evoluzione artistica che, pur rispettando l’anima di Sovilla, le ha fornito ampie sfaccettature. Fino a una decina di anni fa, quando smise di dipingere: l’età gli rendeva faticoso reggere la tavolozza, la vista si faceva debole. Ma mai dimenticava di tornare nel suo studio, una casa museo dove sono conservati il suo cavalletto, i suoi colori, tutti gli oggetti che utilizzava per comporre le nature morte.

«Non ha mai fatto quadri di fantasia, mio padre aveva sempre bisogno di avere un soggetto davanti», racconta ancora il figlio. Fotografo professionista, che da piccolino accompagnava il padre negli atelier veneziani dei pittori con i quali Sovilla si confrontava, e dal padre ha imparato come si compone un’immagine. Con equilibrio, armonia. Nessuno sbilanciamento, da un lato o dall’altro.

Carlo Sovilla ha segnato un’epoca. Protagonista attivo della vita culturale e artistica della città e del Veneto nella seconda metà del Novecento, ha esposto in moltissme gallerie e musei, in Italia e all’estero, è stato protagonista di numerose personali, ha ottenuto molteplici riconoscimenti. Ha dipinto il paese di Rivalta poco prima che venisse spazzato via dall’onda del Vajont. Era proprio il 1963. Negli ultimi anni, insieme al nipote Niccolò aveva iniziato a scrivere le sue memorie. Chissà che un giorno non diventino un libro. Carlo Sovilla lascia i figli Francesco e Paola. Il funerale sarà celebrato mercoledì 16 ottobre alle 15 nella chiesa di San Giovanni Bosco.