Una scuola, più culture: i 40 di storia dell’istituto bilingue di San Pietro
Quarant’anni di storia, tradizioni diverse che si fondono, culture che si arricchiscono e confini che pian piano si accorciano: il 15 ottobre la scuola bilingue italo-slovena di San Pietro al Natisone festeggia un traguardo importante.
La storia
Fondata nel 1984 per merito di Paolo Petricig, storico insegnante e primo dirigente, celebra il quarantesimo compleanno con un evento che vede la partecipazione di Nataša Pirc Musar, presidente della Repubblica slovena.
«La nostra scuola, nata come istituto privato con l’intento di offrire un servizio alla minoranza slovena che viveva in questa zona e non aveva accesso a un’istruzione in lingua, entra a far parte del sistema pubblico italiano nel 2001», spiega Davide Clodig, attuale direttore dell’istituto comprensivo, che oggi conta 234 studenti e copre dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado.
«L’obiettivo che ci poniamo per il futuro è di arrivare a includere l’istruzione secondaria di secondo grado», continua il direttore, ricordando che fino al 2007 la scuola di San Pietro si fermava alle elementari. «Forse oggi diamo per scontato quello che 40 anni fa non lo era: far incontrare due mondi culturali diversi in una stessa istituzione scolastica fu un’operazione molto importante, recepita in modo positivo da tante famiglie».
Del resto, lo confermano i dati: «Dai riscontri dei nostri ex allievi, sappiamo che la maggior parte di loro hanno ottimi risultati alle scuole superiori e all’università; lo studio delle lingue li agevola a spostarsi all’estero e molti ricoprono posizioni di alto livello internazionale».
Le celebrazioni
La festa per i 40 anni della scuola bilingue inizia martedì 15 ottobre nella sede di San Pietro al Natisone, che aprirà le sue porte a tutti: studenti, insegnanti, famiglie e chiunque sia curioso di ripercorrere la storia di un’istituzione culturale di grande levatura.
Contestualmente, nella chiesa sconsacrata di Cividale del Friuli, resterà allestita fino al 3 novembre la mostra “La scuola di Paolo”, dedicata al primo storico dirigente dell’istituto.
Curata in collaborazione con il Comune e con il circolo culturale Ivan Trinko, l’esposizione, a ingresso libero, presenta fotografie, oggetti e documenti che descrivono il metodo didattico di Petricig, per l’epoca maestro molto all’avanguardia.
Poco severo e poco incline a dare insufficienze, era convinto che prima di tutto andasse premiato l’impegno dei bambini, per spronarli a fare sempre meglio.
Il plurilinguismo
La scuola di San Pietro al Natisone in questi 40 anni è stata un luogo di convivenza tra culture e mentalità diverse, terreno di ricomposizione di conflitti sedimentati nel tempo. «L’istituto bilingue rappresenta un unicum in Friuli Venezia Giulia – spiega Livio Semolič, segretario regionale dell’Unione culturale economica slovena (Skgz), che contribuì alla costituzione della scuola – perché qui le diverse materie vengono studiate in due idiomi e a tutto ciò si aggiungono le lezioni in dialetto, il cosiddetto “Po Našem”».
Questa dicitura significa “a modo nostro” e indica un dialetto speciale, che secondo alcuni deriva dallo sloveno, secondo altri è una lingua slava. «Il “Po Našem” ha generato molte diatribe locali, anche violente, tra chi si ritiene minoranza slovena e chi invece non vuole saperne», continua Semolič.
Tramandare il dialetto ai giovani significa arricchirli di un grande patrimonio, che ormai sembra a esclusivo appannaggio di chi ha più di 50 anni: «E non dimentichiamo che la scuola italo-slovena ha dato l’avvio anche a corsi sperimentali trilingui (in italiano, sloveno e tedesco), con l’obiettivo di avvicinare gli studenti ai tre ceppi linguistici principali delle nostre zone di confine», chiarisce Semolič.
Tra passato e presente
In questi territori la storia ha sempre avuto un peso più consistente che altrove. «Per alcuni il passato è ancora da metabolizzare – racconta Semolič – e il bilinguismo può aiutare il processo di pacificazione, laddove ci sono persone e gruppi che lavorano ancora in senso opposto».
La missione della scuola è di unire e non di dividere: «Abitanti di una terra di passaggio, permeabile a tante influenze, siamo carichi di responsabilità» spiega, portando l’accento sul ruolo della formazione: «Crescere giovani che sappiano valorizzare le peculiarità di una cultura e che siano in grado di proporre soluzioni per cucire ferite aperte da decenni».
Senza andare troppo indietro nella storia, basta tornare agli anni ’90 del secolo scorso: «Fino al 1991 c’era la Jugoslavia, che si riteneva stato ostile», precisa ancora Semolič. «Non è un caso che in Friuli stesse concentrato un terzo dell’esercito italiano: per difendere il Paese da un possibile attacco della Jugoslavia».
Forse la distanza cronologica non è ancora sufficiente, forse invece serve solo un cambio di mentalità: «Gli sloveni vengono spesso percepiti come un popolo ostile e questa visione si acuisce nelle valli, proprio lì dove sorge la scuola bilingue, antidoto efficace a conflitti e divisioni».
Verso la conciliazione
È anche in un’ottica di conciliazione che va concepita la visita della presidente della Repubblica slovena, che in occasione delle celebrazioni per i 40 anni della scuola incontrerà i sindaci dei paesi delle valli friulane: «Un’attenzione da leggere come opportunità di collaborazione transfrontaliera di un territorio collegato naturalmente e strutturalmente con l’Italia», dice Semolič.
«Un punto da cui partire per dare vita a un dialogo costruttivo, che porti linfa all’economia, che combatta lo spopolamento e inviti i giovani a restare». E poi, suggerisce Semolič in chiusura , «perché non ragionare su un Gect (Gruppo europeo di collaborazione territoriale) destinato alle nostre zone transfrontaliere?».
Dal suo punto di vista, «sarebbe l’occasione per destinare risorse Ue allo sviluppo di questi territori, a partire dall’esempio del connubio tra Gorizia e Nova Gorica, idealmente unite nel concetto di Capitale europea della cultura transfrontaliera 2025».
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