Crisi e affitti, in provincia di Treviso hanno chiuso 1300 negozi in otto anni
Negli ultimi otto anni in provincia di Treviso hanno abbassato le serrande più di 1.300 piccoli negozi. Nel 2017 la cifra delle attività al dettaglio nella Marca superava le 10.900 unità: stando all’ultima rilevazione a giugno di quest’anno il dato precipita a quota 9.600.
La crisi trova riscontro nei numeri e nelle vetrine vuote che si moltiplicano tanto nel capoluogo quanto negli altri centri della Marca, dove sono pochi (San Vendemiano fa scuola), complici politiche virtuose, quelli che riescono a contrastare una crisi data da una combinazione fatale di fattori, caro affitti in primis.
In Calmaggiore, la via dello struscio di Treviso, le vetrine vuote si sono moltiplicate di recente tanto che il presidente di Ascom Treviso Federico Capraro propone di mappare le chiusure per quadranti e fare un ragionamento mirato.
Calo demografico e affitti
«I fattori che contribuiscono alla crisi sono diversi: pesano il calo demografico, lo spopolamento dei centri ma anche il cambio delle abitudini del consumatore» spiega Capraro entrando poi nel merito del caro affitti invitando, neanche troppo velatamente, i proprietari a mettersi una mano sulla coscienza.
«Il problema sta nella concentrazione delle proprietà in poche mani interessate solo al profitto, poco consapevoli della valenza sociale di quegli spazi. Una vetrina vuota significa degrado e mancanza di presidio. Al contrario un negozio contribuisce ad aumentare il valore degli immobili».
Turismo ed eventi
Ben vengano turismo ed eventi per rivitalizzare il commercio al dettaglio, ma la vera partita si gioca nel quotidiano.
«I centri attrattivi dal punto di vista turistico, Treviso compresa, riescono a compensare in parte la perdita dei consumi ma solo per periodi limitati, lo stesso vale per gli eventi che devono attirare nuovi utenti, lasciarli con una buona immagine della città e farli tornare. La vera sfida sta nelle politiche a sostegno della residenzialità. Un esempio virtuoso lo offre San Vendemiano che anche a fronte di politiche accorte, fra cui la riqualificazione della piazza, ha vissuto una crescita di popolazione, passando da 5 mila e 15 mila abitanti che ora possono contare su una buona rete di negozi. Al contrario Conegliano, ferma a 35 mila abitanti da almeno 4 decenni è in crisi».
Proprio venerdì infatti l’associazione dei commercianti Conegliano in Cima ha riunito una settantina di esercenti che si sono presentati in municipio per chiedere alla giunta maggiore collaborazione. In città una vetrina su tre è vuota.
Lo stesso accade a Vittorio Veneto dove in tre mesi hanno chiuso sei negozi fra cui alcuni pilastri del commercio cittadino.
«I commercianti devono fare la loro, ma le amministrazioni hanno una grossa fetta di responsabilità - prosegue Capraro - Non c’è commercio se non ci sono servizi, il che vuol dire parcheggi, collegamenti, aree pedonali, arredo urbano, sicurezza e iniziative che rendano nel complesso una città più attrattiva».
L’ipotesi dell’orario continuato
Orari più flessibili e più servizi è il trend abbracciato da un numero crescente di negozi che incapaci di competere a livello di prezzo e varietà con la grande distribuzione puntano ad assecondare le nuove abitudini dei consumatori.
«La strada è questa, per invertire il trend e tornare ad essere competitivi bisogna che pubblico e privato navighino nella stessa direzione».