Dieci anni senza Furio Stella: era un artigiano delle parole
Dieci anni fa ci lasciava Furio Stella. Era una domenica, proprio come oggi. Una giornata bellissima, di quelle classiche di ottobre quando non c’è troppo freddo e i colori dell’autunno fanno brillare tutto di una luce intensa e avvolgente.
La corsa nel tardo pomeriggio all’ospedale di Monselice, il precipitare della situazione con il passare delle ore, l’ultimo abbraccio con i figli Lenny e Fabio, poi con Carla, la prima moglie, e con Carlotta, la seconda. Poco prima di mezzanotte il tragico annuncio: “Furio non c’è più”.
Se n’era andato a soli 57 anni, stroncato da una leucemia vigliacca ed assassina, che aveva vanificato i pur positivi effetti del trapianto di midollo a cui si era sottoposto all’ospedale di Udine. Quel trapianto che gli – e ci – aveva riempito il cuore di speranza, tanto da vederlo a marzo sorridere fiducioso di avercela fatta, a vincere la battaglia contro “la maledetta”.
Un uomo buono, Furio, amato, semplice e al tempo stesso straordinariamente originale. Un giornalista arguto, ironico e sferzante, in grado di cogliere sempre il senso della notizia e di svilupparla al meglio.
Ci manca tanto, perché ha segnato un solco nella storia dei nostri quotidiani, maestro della professione nei riguardi dei più giovani, ai quali chiedeva soprattutto umiltà. «Nessuno deve sentirsi arrivato solo perché è entrato in un giornale», era solito ripetere convinto, «ma pensare di essere un artigiano della penna, anzi del computer, e da lì iniziare il suo lavoro ogni mattina».
Era il 18 giugno 1984 quando venne assunto alla redazione sportiva dopo il solito periodo di “gavetta” da collaboratore, e al mattino di Padova rimase sino al 31 dicembre 2013, quando uscì per una pensione anticipata imposta da uno stato di salute che non poteva più conciliarsi con i ritmi incalzanti del nostro mestiere.
Anche adesso i ricordi affiorano a getto continuo, il suo era un pozzo di saggezza e genialità da cui attingere a piene mani. Triestino, trovò subito un’intesa, professionale e umana, con il sottoscritto, veronese.
Eravamo agli antipodi come storia e cultura personali, eppure, piano piano, accomunati da un amore per il Calcio Padova che, a prescindere dagli obblighi professionali, ci portò ad essere testimoni entrambi di pagine e momenti indimenticabili. La nostra unione professionale diventò solida come il marmo. Il Biancoscudo è entrato di prepotenza nella vita di entrambi, terreno fertile dove accomunare fantasia e competenza, passione e (legittimo) orgoglio.
Come non riandare, con la mente, al pomeriggio infernale – per la tensione altissima in campo e sugli spalti e il caldo afoso da cui eravamo circondati – del 15 giugno 1994, in cui a Cremona il Padova si giocava, nello spareggio con il Cesena, la promozione in Serie A? Più di 10 mila tifosi mobilitati, una cornice da brividi, una squadra da emozioni indicibili. E noi due lì, in tribuna, insieme ai colleghi Claudio Baccarin e Giovanni Baschieri, a sudare freddo e a temere di non farcela a vedere quel sogno – dopo 32 anni di attesa – materializzarsi sotto i nostri occhi.
Fu una partita memorabile e quando, al fischio finale, saltammo tutti in piedi dalle sedie, Furio, con gli occhi umidi, urlò: «È fatta! Non ce la toglie più nessuno, questa fottutissima Serie A».
C’era Gildo Fattori accanto, che aveva appena concluso la radiocronaca al telefono e si lasciò andare ad un pianto incontenibile. Bisognava far festa, gridare la nostra gioia all’Italia intera, invece piangevamo come fontane.
Solo esperienze così servono a farti capire quale immenso potere aggregante abbia lo sport, e il calcio in particolare. Calcio, sport a tutto tondo, ma anche scienza. La passione per gli Ufo e i cerchi di grano, quante volte le ore ci sono volate via con quegli argomenti… E poi le nostre famiglie, lui orgoglioso dei suoi due maschi – Fabio gli assomiglia come una goccia d’acqua – il sottoscritto di Beatrice e Giovanni.
Chissà cosa starà pensando lassù, dove tutto dev’essere bellissimo. Strizzaci l’occhio, qualche volta, se puoi. Noi proveremo ad incrociarlo, quello sguardo unico ed inimitabile, accompagnandolo con un sorriso. Ciao Furio.