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Октябрь
2024

Ottavio Cascio ha cambiato il volto di Ivrea, il ricordo è vivo a 110 anni dalla nascita

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Ivrea

Sarebbe imperdonabile, a pochi giorni dalla chiusura della quarta edizione di Welchome to my house, la rassegna di architettura e design del ‘900, non ricordare l’architetto Ottavio Cascio, del quale in questo 2024 ricorrono i 110 anni dalla nascita. Fu un personaggio di rilievo nel panorama delle architetture olivettiane, e non solo, che può a pieno titolo annoverarsi tra le figure che hanno contribuito a quell’Ivrea Città industriale del XX secolo Patrimonio mondiale Unesco.

Formazione ed esperienze

Una vita interessante, la sua, scandita da incontri e maestri d’eccezione e, soprattutto, dallo sviluppo costante di un talento professionale dal quale sono nati edifici e arredi di una modernità sorprendente e tuttora attualissimi nelle loro linee. Nato in Sicilia, ad Alcamo, il 16 marzo 1914, si trasferì ben presto in Veneto con la famiglia. Lì, il giovane Ottavio, dimostrata precocemente un’innata passione per il disegno e la scultura, frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove le sue opere giovanili ricevettero incoraggianti apprezzamenti.

Proseguì, quindi, con gli studi di architettura al Politecnico di Milano, dove conseguì la laurea nel 1939, con l’architetto Piero Portaluppi, frequentò lo stimolante ambiente del Razionalismo milanese ed ebbe occasione di conoscere grandi artisti, pittori e scultori del Novecento. Racconta suo figlio Fabio, per molti anni brillante manager e amministratore delegato di una delle maggiori aziende italiane di servizi all’industria: «Agli albori dell’entrata dell’Italia in guerra, papà frequentò l’Accademia navale di Livorno e quasi subito fece domanda di arruolamento nei Sommergibilisti, partecipando così a numerose azioni di guerra nel Mediterraneo, dense di avventure e pericoli, che ancora oggi vengono ricordate nelle pubblicazioni della Marina militare. Fu congedato con il grado di Tenente di vascello. Nei difficili anni del dopoguerra collaborò, dapprima, con l’architetto Portaluppi per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Milano, dove il Cenacolo di Leonardo da Vinci era uscito miracolosamente illeso dai pesanti bombardamenti, e successivamente aprì uno studio, sempre a Milano, con l’amico Annibale Fiocchi, già compagno di università, che dopo poco tempo fu assunto in Olivetti per dirigere l’Ufficio architetti».

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L’Olivetti e il teatro Giacosa

Fu proprio Fiocchi a suggerire a Cascio di rivolgersi all’ingegner Adriano, sapendo che questi era alla ricerca di giovani architetti che gli consentissero di pianificare quello sviluppo aziendale che era nei suoi intenti. «L’incontro con Adriano – continua Fabio Cascio – sfociò in quella che sarebbe diventata una lunga collaborazione con l’Olivetti. Entrato in azienda nel luglio del 1950, nel 1955 divenne responsabile dell’Ufficio arredamenti e dal 1958 fu a capo dell’Ufficio architettura di fabbrica. Tra i suoi primi lavori c’è, nel 1951, la Colonia di Marina di Massa, in collaborazione con l’architetto Fiocchi, dove si occupò anche della progettazione di tutti gli arredamenti, dai lettini, ai tavoli e alle sedie fino ai lavabi, ideando soluzioni pratiche pregevoli e innovative, nello spirito di una moderna pedagogia che allora era difficile riscontrare nelle colonie aziendali».

Tiziana, sorella di Fabio e architetto come il padre, nonché disegnatrice di talento molto nota a Ivrea (la cui figlia, Alice Boni, è stata Mugnaia 2014), ricorda che, negli anni a seguire, Ottavio Cascio si occupò del restauro architettonico e artistico del Teatro Giacosa, fortemente voluto da Adriano Olivetti, a quel tempo sindaco, che intendeva restituirlo alla città. Restauro che avvenne a tempi di record dalla metà di luglio del 1957 al 15 febbraio del 1958, in occasione del 150° del Libro del Carnevale di Ivrea. «Mio padre – evidenzia Tiziana – interpretò il suo ruolo di architetto con grande sensibilità e professionalità, non solo progettando ogni fase del restauro, rifacimento di pavimenti, tappezzerie, tinteggiature e stucchi, ma disegnando anche tutti gli arredi, sedie, tavoli, tendaggi e lampadari, facendo accurate indagini storiche e contattando i migliori artigiani italiani per restituire alla città il suo teatro con le caratteristiche originali. Di tale intenso lavoro rimangono i bozzetti, gli schizzi e gli studi conservati nel Fondo Ottavio Cascio che è stato conferito all’Associazione Archivio storico Olivetti e che oggi è interamente digitalizzato per una migliore consultazione». E’ noto che gli eporediesi assistettero quasi increduli al prodigioso intervento che aveva finalmente strappato al silenzio e al buio il loro teatro, tanto che la Gazzetta del Popolo, all’epoca, scrisse: «Chi transita oggi davanti al Teatro Giacosa non può che rimanere commosso di fronte al miracolo che è stato compiuto e nel quale pochi o nessuno, sino a pochi mesi addietro credeva». Portano la firma di Cascio le alette frangisole orizzontali, realizzate in fibrocemento, che caratterizzano l’iconica facciata sud delle Officine Ico di Figini e Pollini, uno dei più fotografati simboli del Patrimonio Unesco. Vi furono installate nel 1955, anno in cui progettò l’edificio della Falegnameria, oggi sede di Arpa Piemonte, in via Jervis 30, sulla cui facciata tornarono, quale cifra compositiva, disposte verticalmente in tripla fila e verniciate di azzurro. L’architetto Cascio progettò gran parte degli arredamenti dei siti Olivetti, quali Servizi sociali, Infermeria e Biblioteca, nuova Mensa Ico e Palazzo Uffici. Sono dei primi anni Sessanta i progetti di numerosi stabilimenti nel Comprensorio di San Bernardo (già oggetto degli interventi di Eduardo Vittoria con lo stabilimento Omo), per i quali seppe coniugare in modo mirabile il linguaggio introdotto dal collega napoletano con la sua sensibilità architettonica fatta di linee semplici e raffinate, ideando la mensa, gli uffici, i magazzini, l’Audit, i Magazzini 8640 e la Centrale termica, emblematico esempio di architettura industriale novecentesca, edificio oggi purtroppo dismesso e che si può ammirare nella sua interezza solo nei libri di architettura o nelle fotografie di Gianni Berengo Gardin. «Nel medesimo periodo - sottolinea il figlio - progettò lo stabilimento per Laboratorio ricerche elettroniche di Pregnana Milanese, dove le grandi aspettative riposte nella Divisione elettronica sarebbero state ridimensionate dalla prematura morte di Adriano e di Mario Tchou e dalla crisi aziendale. Sul sito sarebbe dovuto nascere il grande comprensorio ideato da Le Corbusier, ma le cose purtroppo andarono diversamente e la Divisione elettronica ebbe un’altra vicenda. Nel 1963 progettò il primo stabilimento di Scarmagno, il Capannone A, inizialmente destinato a produzione, con uffici e mensa, un lungo parallelepipedo bianco, l’inizio di quel grande polo industriale che diventerà negli anni a seguire. Proprio nella Mensa fece installare il famoso dipinto murale di Guttuso “Boogie Woogie”, realizzato per il negozio Olivetti di Roma, che ora si può ammirare nella sala convegni dell’Officina H».

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L’azienda in Oriente

Tra le sue realizzazioni anche la nuova sede dell’Olivetti Corporation of Japan, a Tokyo, nel quartiere Meguro. Un lavoro in puro stile Olivetti: al piano terreno, sala espositiva, officina e scuola Stac e ai piani superiori direzione, uffici, aule addestramento e sale conferenza, collegati da una scenografica scala a spirale sospesa su un’aiuola ornata con rocce di Tamba e graniti di Nachiguro. A completare il tutto un magnifico giardino giapponese nella corte interna. La nuova sede fu favorevolmente commentata dalle più note riviste giapponesi di architettura: «La sua splendida struttura e la sua rifinitezza nel contenuto - scrisse il Shoten Kenchiku - riflettono un profondo pensiero rivolto all’individuo, l’essere umano che in tale luogo deve lavorare», mentre il Geijitsu Shincho affermò che «la natura e la preziosa razionalità che oggi la moderna tecnica ci offre sono armonicamente fuse in un disegno semplice di una regolarità sorprendente».

La politica sociale in città

«Nostro padre - commenta la figlia Tiziana- non fu solo un protagonista dell’avventura industriale, ma anche un interprete della politica sociale che l’Olivetti, a quei tempi, realizzava per la comunità e per il territorio. Ne sono testimonianza, a Ivrea, le scuole della Fiorana e gli asili della Sacca e di Villa Casana, del Quartiere Bellavista, a Banchette l'asilo di Cascina Vesco, le scuole e l'asilo di Borgonuovo e la scuola materna del capoluogo. E, ancora, Azeglio, Torre Balfredo, Borgofranco e Fiorano. Una menzione a parte merita la Colonia diurna di Villa Girelli, a Monte Navale, realizzata tra gli anni '70 e '75: nata per rispondere alle esigenze educative e ricreative dei figli dei dipendenti, essa richiama, con le sue forme, l'allora recente esperienza giapponese, con le ampie superfici vetrate a favorire il massimo contatto dei ragazzi con la natura circostante. Il complesso architettonico, immerso nel verde, ha tuttora una suggestione poetica ed è senza dubbio una delle realizzazioni migliori di mio padre».

Negli anni '70, Ottavio Cascio portò a termine il completamento del Quartiere Bellavista, a Ivrea, nel rispetto della pianificazione dell’architetto Luigi Piccinato, adeguando gli edifici alle nuove normative edilizie e sviluppando il cuore del quartiere: vennero così realizzate le case alte, a sette piani, le case a tre e quattro piani, l’asilo, la scuola materna, la palestra, il padiglione ricreativo e il centro commerciale. Gli ultimi lavori da lui firmati, in ordine di tempo, furono la Caserma dei Carabinieri di Banchette, e, in collaborazione con l’architetto Emilio Aventino Tarpino, la Caserma dei Vigili del fuoco e la Casa circondariale di Ivrea. L’architetto Ottavio Cascio morì nel 2003 a Ivrea.