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Ottant’anni fa, i semi del presente: raccontare le microstorie che fanno la Storia per uscire da ideologie e banalità

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I venti mesi dall’autunno 1943 al ’45 rimangono nella memoria soprattutto, o quasi solo, per i due estremi: l’8 settembre e il 25 aprile; e sono stati, e sono raccontati, al contrario di Tacito, cum ira et studio e non sine; cioè secondo ideologie e parzialità o banale propaganda partitica ed elettorale; e anche, semplicemente, con banalità. E lo dico pensando ad entrambe le parti.

Quali sono le parti? Intanto, nell’ignoranza scolastica della storia, e con la morte di quasi tutti i testimoni, dubito che un quarantenne, anche cinquantenne di oggi ne sappia più di tanto. Riassumiamo: il 25 luglio 1943 viene deposto il fascismo; l’8 settembre si dichiara l’armistizio, mentre gli angloamericani erano giunti fino a Salerno, e la Germania da alleata diventava occupante. Dall’autunno agli otto mesi seguenti, la guerra si combatté sulla linea di Cassino; nei rimanenti mesi, sulla Gotica. L’Italia centrosettentrionale fu fatta segno di devastanti bombardamenti aerei angloamericani.

Qui c’interessa l’aspetto, diciamo così, istituzionale e politico. Vittorio Emanuele III e Badoglio ripararono a Brindisi, poi a Salerno, sotto la protezione angloamericana, ma in una situazione ambigua, non venendo mai riconosciuti come alleati ma solo con la strana formula di “cobelligeranti” contro la Germania. I militari badogliani, in piccolo numero, parteciparono a qualche operazione, ma ebbero soprattutto la funzione di mantenere l’ordine interno; i Carabinieri soprattutto, e dopo il 25 luglio evitarono disastri annunziati. Badoglio, a sua volta, formò un secondo governo; giunsero poi a Salerno esponenti politici dei partiti prefascisti, che ottennero la formazione di governi civili presieduti da Bonomi. Notevole che, trasferitisi dopo giugno 1944 a Roma, il re abbia, di fatto, abdicato, nominando luogotenente del Regno l’erede Umberto; l’abdicazione formale avverrà il 9 maggio 1946.

I partiti erano ancora solo i loro dirigenti senza iscritti; ma iniziavano a ramificarsi anche nella società, e saranno già cresciuti nei giorni del referendum e delle elezioni del 2 giugno 1946. Erano Dc, Pci, Psi e vari minori: quelli che, a vario titolo, e per dissolversi ed essere scordati poi, faranno la cronaca politica fino agli anni 1990. Il Meridione, nel 1943 occupato dagli angloamericani, e in parte amministrato, non dico governato, dal re o luogotenente, uscì dalla guerra combattuta. Mancano studi seri su quanto accadde sul piano sociale, soprattutto dopo l’emissione delle famigerate Am-lire, una cartamoneta stampata dagli occupanti senza alcuna garanzia, e che causò una rapidissima e devastante inflazione, che impoverì la piccolissima borghesia di paese (in fondo, da sempre l’ossatura del Sud), e, assieme a contrabbando e peggio, favorì arricchimenti e mafie e camorre. Il caso Sicilia va studiato a parte. Basta qui ricordare l’autonomia, datata 1946 e firmata Umberto, e per fortuna non presa molto sul serio se non per qualche comodo; o farebbe dell’Isola una specie di Stato federato. Anche tutto ciò avvenne nel 1944, e se ne vedono le conseguenze palesi o sotterranee.

Aspetti restano da chiarire sul fenomeno dei partigiani, a cominciare dall’autenticità o meno dell’attribuzione di tale qualifica, che, come sempre in casi del genere, fu scarsamente o nulla controllata. Tranquilli, successe lo stesso ai garibaldini del 1860 e agli squadristi del 1922. È curioso che rarissimi partigiani abbiano avuto spazio politico effettuale nel dopoguerra; lo stesso Pertini (“un partigiano come presidente”) comparve molto tardi sulla scena. Le reinvenzioni non furono molto credute.

Il 18 settembre 1943, Mussolini da Monaco proclamò la Repubblica sociale italiana. A proposito di questa si legge una vastissima pubblicistica, quasi tutta di parte neofascista, generalmente puntuale nei particolari. Poco studiato è l’aspetto amministrativo, che è invece molto interessante: la lira mantenne il valore del 1943; le fabbriche, pur soggette a bombardamenti aerei, lavorarono a pieno ritmo, spesso su commesse tedesche pagate con genuini marchi; i ministeri funzionarono nelle loro diramazioni; il Partito fascista repubblicano vantò un ritorno alle origini del 1919, e proclamò i Diciotto Punti con la socializzazione delle imprese, e ciò sarà sempre presente nella memoria e nel Dna dei movimenti neofascisti e postfascisti; in modo abbastanza caotico, la Rsi schierò da 800mila a un milione di armati, non dimenticando le Ausiliarie.

Di questi, tanti caddero in combattimento o furono uccisi nei cupi giorni dopo il 25 aprile; molti mantennero la memoria, con o senza diretta partecipazione alla politica attiva; i più lasciarono la loro avventura ai ricordi sbiaditi di gioventù, e magari votavano zitti zitti; altri cambiarono casacca; altri… e qui bisognerebbe scrivere romanzi di spionaggio, che nemmeno sarebbero del tutto fantasiosi! Altri, molti altri, trasformarono il loro superficiale fascismo in generico anticomunismo. Infatti, dopo un momento di avvicinamento, per ordine di Stalin, del Pci a Badoglio (“svolta di Salerno”), anche l’Italia subì gli effetti della guerra fredda che opponeva Usa e Urss, e il Pci, ufficialmente dal 1948, fu relegato all’opposizione di governi o di centrodestra, o, dopo il 1962, di centrosinistra o simili; pur non estraneo al sottogoverno e a uno strapotere culturale, per quanto inutile alle urne; e con l’Urss poi sparì.

Ora, pazienti lettori, fate finta che io, vecchio prof, vi abbia solo assegnato una traccia di tema, con queste poche e appena accennate righe, e qualcuno si adoperi per studiare seriamente e approfonditamente la storia del 1944, da cui, come forse abbiamo per cenni dimostrato, deriva quella degli anni seguenti, e in parte anche la nostra del 2024. E non c’è solo la macrostoria: letteratura e cinema dovrebbero ispirarsi alle vicende umane dei tanti su cui la storia passò sopra e li coinvolse. Dopo otto decenni, è, infatti, l’ora di fare storiografia, senza simpatie o antipatie. Quorum causas procul habeo, direbbe sempre Tacito, ovvero: sono passati tanti di quegli anni, ed è tutto molto lontano… Mi piacerebbe un film con questo soggetto: un fascista dal 1914 alla vecchiaia, però con qualche parente antifascista e qualcun altro neutrale. Ecco come la microstoria fa la storia.

(In foto, un fotogramma del film Napoli Milionaria)

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