Soldini presenta “No more trouble”, film su Andrea Romanelli, velista friulano inghiottito dall’Atlantico
Ci sono storie di naufragi che sono andate a buon fine e altre che invece non hanno avuto la stessa fortuna. Quello del velista e ingegnere friulano Andrea Romanelli, scomparso nei mari dell'Oceano Atlantico nel 1998, appartiene sfortunatamente alla prima categoria.
Di quell’incidente hanno parlato venerdì 11 ottobre sera al Museo Revoltella di Trieste, nell’ambito degli eventi collaterali alla Barcolana 56, Giovanni Soldini e Tommaso Romanelli, figlio del velista che ha scritto e diretto il documentario "No more trouble - Cosa rimane di una tempesta" nel quale ripercorre la storia del padre e della tragedia oceanica.
La vicenda. Siamo nella primavera del 1998, la Fila è un’imbarcazione a vela progettata in ogni minimo dettaglio per poter compiere l’impresa sognata da tempo da Soldini e dallo stesso Romanelli: battere il record della traversata dell'Oceano Atlantico a vela da Ovest a Est.
Il 60 piedi parte il 26 marzo da New York: insieme a Giovanni Soldini nell’equipaggio ci sono anche Andrea Tarlarini, Guido Broggi, Bruno Laurent e lo stesso Andrea Romanelli, un ingegnere aeronautico e appassionato velista che ha lavorato alla progettazione del Fila. Si tratta di un'imbarcazione innovativa per l'epoca, disegnata anche per far fronte alle condizioni più difficili. Nella notte del 3 aprile, a poco meno di 400 miglia dal traguardo di Capo Lizard, l’equipaggio di Soldini si ritrova a sfidare l’Oceano in tempesta. Una tregenda dalle conseguenze inaspettate. «Quella notte eravamo pronti e determinati a battere il record di traversata dell’Atlantico a vela - spiega Soldini a una platea appassionata -. A un certo punto il nostro meteorologo ci disse che stavamo andando incontro a una forte depressione con vento sui 40/50 nodi. In realtà questi nodi sono poi aumentati fino a 70/80 senza calare mai per tutto il giorno successivo.
Noi però non abbiamo mai pensato di essere in pericolo, perché la barca rispondeva bene - ricorda il noto skipper - fino a quando siamo arrivati a 400 miglia dall’arrivo. A quel punto il vento è cominciato a calare e abbiamo provato ad aumentare un po’ la velocità in modo da affrontare meglio le onde. Con il calare della notte arriva quell’onda che ci travolge, enorme quanto improvvisa. La barca a quel punto si cappotta, Guido (Broggi) vola da una parte all’altra dell'imbarcazione. Apriamo il pozzetto ma Tarlarini e Romanelli non li vediamo già più. Il primo riappare poco dopo nel marasma del naufragio, mentre di Andrea si perdono le tracce. Dopo qualche minuto la barca raddrizza e iniziamo a cercarlo con ogni mezzo, al buio, con le torce, senza riuscire però a trovarlo. Solo all’alba iniziano a giungere i soccorsi con un elicottero che prova un po' alla volta a recuperarci».
Soldini si interrompe, rotto dall’emozione, mentre il figlio Tommaso è un misto di sentimenti contrastanti. In sala sono presenti anche la moglie di Andrea, Fabrizia, e il fratello Marco. Tommaso prova a spiegare il perché di un film su suo padre proprio adesso. «”No more trouble” è un progetto nato quattro anni fa quando a casa ho trovato delle videocassette su mio padre di cui sapevo l’esistenza ma che non avevo mai avuto il coraggio di guardare. Immagini magnetiche con il mare blu e delle sagome con le cerate gialle e rosse. È così che ho ritrovato mio padre e a quel momento ho capito che avrei dovuto fare i conti con la sua storia e con il mio passato. Perché io non avevo ricordi di lui, né conoscevo Giovanni (Soldini, ndr), decisi perciò di incontrare lui, il resto dell’equipaggio e di farmi raccontare tutto. Mi hanno aperto a un mondo, quello della vela, che non conoscevo e da lì ho deciso che avrei dovuto girare un film per rendere omaggio a mio padre, anche se non ho mai studiato cinema: sono laureato in economia, perciò le tecniche del mestiere le ho imparate strada facendo».
Il film è prodotto da Teorema Studio e Indigo Film e distribuito dalla friulana Tucker Film e aprirà, il prossimo giovedì 17 ottobre durante la Festa del Cinema di Roma, la sezione Panorama Italia "Alice nella città”.
«No more trouble era la scritta presente sul boccaporto della barca Fila - ricorda Soldini - e aveva un triplo significato: oltre ad essere il nome ufficiale della barca era anche una speranza per il futuro e il titolo di una canzone di Bob Marley. Una scritta voluta proprio da Andrea. E proprio su quel boccaporto l’amico Guido Broggi riesce a salvarsi mentre lui no. Una casualità, un’amara ironia della sorte che andava in un certo senso raccontata».