Con il turismo cresce la fame di case: il forum “Why Trieste” disegna la nuova geografia della città
Che Trieste stia attraversando una fase di profonda trasformazione, è sotto gli occhi di tutti. La crescita del numero di visitatori (+26% nel 2023 rispetto all’anno precedente) è soltanto la punta dell’iceberg: sotto il turismo si nascondono altri fenomeni in decisa accelerazione, che promettono di riscrivere il tessuto urbano di una città rimasta per decenni identica a se stessa.
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Eppure la consapevolezza di questo particolare momento storico rimane spesso confinata nella sfera delle sensazioni, senza approdare a una più solida e strutturata presa d’atto. Si profitta delle opportunità offerte o se ne patiscono le conseguenze deleterie, ma si è quasi sempre incapaci di inquadrare quello spicchio di realtà in un contesto più ampio, che tenga conto della storia della città e sia al contempo suffragato da dati e proiezioni attendibili.
Il forum “Why Trieste. Una nuova geografia per la città”
Da questo presupposto nasce “Why Trieste. Una nuova geografia per la città”, su iniziativa del nostro giornale, di Nord Est Multimedia – il gruppo che edita anche il Piccolo – e di Gabetti Property Solutions.
Un pomeriggio di dibattito che coinvolgerà i protagonisti (a vario titolo) di questo passaggio, a partire da un report dettagliato che Gabetti stessa ha steso sulle prospettive di Trieste.
Il forum si terrà il prossimo martedì, dalle 15.30 alle 19, al Savoia Excelsior Palace. L’ingresso è gratuito, ma per assistere all’evento è necessario iscriversi al sito internet eventinem.it/why-trieste.
Il report di Gabetti e gli sviluppi demografici, abitativi e turistici
Darà allora il via alla giornata proprio la presentazione del report: l’analisi delle tendenze in atto fotografate dallo studio verrà condotta da Diego Vitello, research manager dell’ufficio studi Gabetti. A quel punto – forti di un bilancio che interroga gli sviluppi demografici, abitativi e turistici di Trieste – potrà iniziare il confronto fra gli ospiti.
La prima finestra di dibattito chiamerà in causa rappresentanti istituzionali, della ricerca e del settore privato: sul palco ci saranno il sindaco Roberto Dipiazza, la docente Ilaria Garofolo, ingegnere civile e collaboratrice del rettore per l’area Edilizia e Fabiana Zanchi di Generali Real Estate.
La crescita del turismo e del polo universitario triestino, le ricadute immobiliari, il ruolo che istituzioni e privati hanno nell’accompagnare la città verso un futuro percepito mai come ora così vicino: Dipiazza, Garofolo e Zanchi potranno indicare le loro priorità e i rischi che, inevitabilmente, una fase di transizione si porta dietro.
Il report, in questo senso, fungerà da bussola, per radicare le riflessioni nei punti di forza e nei limiti oggettivi che il capoluogo giuliano presenta allo stato attuale: la domanda abitativa per i trilocali – mette ad esempio in guardia l’analisi di Gabetti – è superiore all’offerta di trilocali presenti all’interno del comune di Trieste (49% contro 40%). Se su questo fronte la città appare ancora sguarnita, il percorso di adeguamento è invece stato ultimato nell’ambito delle strutture ricettive: queste ultime sono infatti aumentate di 13 unità nel corso degli ultimi dieci anni, pari a un incremento complessivo di 812 camere.
Ma non basta. I dati e le parole possono intercettare e orientare la direzione del cambiamento, possono dare forma alla percezione collettiva della delicatezza della congiuntura. Tutto, però, passa poi dalle singole sfide, che rappresentano il vero banco di prova per misurare le potenzialità di Trieste: la conclusione del report realizzato da Gabetti indica la rigenerazione urbana quale volano per la crescita della città.
I cinque progetti per il futuro di Trieste
Il secondo e ultimo dibattito segue questa convinzione: saliranno sul palco gli artefici (o potenziali tali) dei cinque più importanti progetti di rigenerazione urbana del territorio. A cominciare da Davide Albertini Petroni, amministratore delegato di quella Costim che si propone di ridisegnare i 66 ettari di Porto Vecchio in partenariato: Petroni parlerà dunque all’indomani del Consiglio comunale chiamato a votare la fattibilità del progetto.
E poi Luciano Parenti, l’architetto dietro al restauro dell’ex palazzo delle Ferrovie in piazza Vittorio Veneto; Sara Paganin di Finint Investments, che illustrerà il nuovo studentato da 360 posti letto in via dei Bonomo e di social housing; Francesco Fracasso, che ha acquistato le ex officine Holt di via Gambini per farci un complesso denominato Giardini del Borgo. Infine interverranno gli architetti Giansilvio Contarin e Marco Piva, svelando il loro piano di rilancio per Villaggio del Pescatore: il meno conosciuto dei cinque e, per questa stessa ragione, uno dei più intriganti. —
La prof. Garofalo: «All’Università mancano spazi. Gli edifici attuali non bastano»
L’Università di Trieste ha urgente bisogno di nuovi spazi. E non soltanto per dare alloggio ai sempre più numerosi ragazzi fuori sede – quasi 8.000 se si tiene conto dei pendolari – che scelgono di trasferirsi nel polo giuliano. L’ateneo deve far fronte anche alle esigenze di una didattica cresciuta enormemente negli ultimi anni, che non trova ancora adeguata risposta in termini di strutture a disposizione.
A indicare lo scarto fra offerta formativa e infrastrutture è Ilaria Garofolo, ingegnere civile e collaboratrice del rettore per l’area Edilizia ed energia. Garofolo sarà fra i protagonisti del forum “Why Trieste. Una nuova geografia per la città”, promosso da Nord Est Multimedia – il gruppo che edita anche il Piccolo – e da Gabetti Property Solutions martedì prossimo al Savoia Excelsior Palace.
Professoressa Garofolo, la rigenerazione urbana come volano per lo sviluppo di Trieste sarà al centro del dibattito di martedì. Quale può essere il ruolo dell’università in questo processo?
«L’università ha un’incidenza fortissima sulle città di medie e piccole dimensioni, se non altro perché occupa spazi e ha un indotto che genera una domanda. Gli atenei hanno sempre fornito l’occasione per riqualificare spazi dismessi: per mia esperienza personale posso parlare del caso di Trento, dove sono arrivata nel 1986. La città andava rinnovata e l’università ha dato un impulso fortissimo, generando una domanda di residenzialità e insediandosi in una parte del centro storico. Un esempio più recente è quello dell’Università di Napoli, che ha deciso di insediare la facoltà di scienze infermieristiche nel difficile quartiere di Scampia. Una facoltà dal notevole impatto sociale in un luogo simbolo del degrado».
I dati riportati nel report di Gabetti Property Solutions fotografano un ateneo triestino forse mai così attrattivo per gli studenti. Come intendete gestire una mole così grande di allievi?
«Negli ultimi anni abbiamo avuto una crescita sostenuta degli studenti, grazie soprattutto a una nuova impostazione dell’offerta formativa che ha attirato molti giovani in città. Ci sono dei corsi di studio che hanno registrato una vera impennata, penso all’area economica ad esempio. Questo ha però creato una sofferenza in termini di spazi, a più livelli. Sulla residenzialità e sugli studentati l’università non ha grandi leve, essendo questi gestiti dalla Regione attraverso Ardis. C’è tuttavia anche un bisogno abitativo interno all’università. Abbiamo un’offerta formativa, grazie anche a nuovi corsi di studio, che richiede aule di una certa dimensione. Il problema è stato tamponato nei primi anni con le nostre disponibilità, ma ora siamo in crisi. Abbiamo bisogno di spazi, non da ultimo perché stiamo svolgendo dei lavori di riqualificazione importanti sui nostri edifici».
L’ateneo, da questo punto di vista, potrebbe trarre vantaggio dai progetti di rigenerazione urbana?
«Stiamo con le antenne ben dritte, ovviamente. Trieste è una città in cui le aree libere sono poche e preziose: di conseguenza, anche le occasioni sono poche. Chiaro che il Porto Vecchio, là dove ci siano degli spazi alla nostra portata, è una di queste; ma è soltanto l’esempio più eclatante. In generale, l’interesse dell’ateneo non è rivolto verso il palazzo storico di prestigio, dove andare a intervenire non solo è molto costoso ma può non essere possibile. La scelta deve essere coerente con un’idea moderna di università, che ha bisogno di spazi liberi, non più delle stanze ristrette di una volta. Cerchiamo contenitori che abbiano delle potenzialità in questo senso. Senza dimenticare che un’università non può fare a meno di alcuni servizi e dev’essere facilmente raggiungibile». —
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