Salute mentale e disabilità, l’allarme del Terzo Settore: «Ci mancano risorse vitali»
Il rischio è di ridurre pesantemente orari e servizi nei settori disabilità e salute mentale nelle comunità residenziali e centri diurni del territorio. Il tutto a fronte di una risposta che andrebbe anzi potenziata. A denunciarlo è il Terzo Settore, giovedì 10 ottobre nella sede del Gruppo Polis di via Due palazzi in un incontro con i vertici regionali di Anffas, Uneba e Confcooperative Federsolidarietà, le più presenti nel Padovano tra quelle accreditate istituzionalmente. Il problema è economico e di pianificazione con la Regione, ma l’appello è rivolto anche ad Anci ed è lanciato all’indomani della morte per suicidio, mercoledì, di una 16enne in un liceo di Montagnana, e nella Giornata mondiale della salute mentale - il 10 ottobre - per cui la Torre campanaria di Palazzo Moroni è stata illuminata del simbolico verde.
L’appello
«Le nostre risorse sono ormai insufficienti a coprire l’aumento del costo della vita, e quindi a gestire nel futuro prossimo le spese delle strutture secondo lo standard che lo stesso Stato ci impone di rispettare, senza garantirci le condizioni per farlo», spiega Roberto Baldo, presidente Confcooperative Federsolidarietà Veneto, «Qui, ad esempio, il tetto in eternit va necessariamente sostituito, ma lo stiamo facendo noi che eroghiamo livelli essenziali di assistenza. Ne escono penalizzati educatori, operatori socio-sanitari e pazienti, l’anello fragile della catena. Senza un confronto con le istituzioni, e un aiuto concreto, i nostri sforzi non basteranno».
Tra le voci da foraggiare a bilancio c’è anche il Contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali, applicato da febbraio 2024 ai lavoratori che aspettano 150 euro lordi in più in busta paga, entro tre anni. «Non siamo in grado di assorbirlo come in passato, e non regge comunque il confronto con la sanità pubblica», nota la presidente regionale Anffas, Graziella Lazzari Peroni, «Ciò nonostante, e visti anche i rincari noti, la Regione non ha ancora concordato una revisione delle rette».
I numeri
Secondo dati condivisi dal Forum Terzo Settore Veneto, nell’ambito della disabilità la provincia di Padova conta 2.400 utenti in carico a servizi diurni residenziali e progetti sperimentali, e 2. 500 lavoratori annesso personale amministrativo e di Opera della provvidenza S. Antonio (OPSA). Nella salute mentale, invece, sono 400 gli utenti e 500 i lavoratori. «È in bilico la sostenibilità economica del Terzo Settore», mette in guardia Peroni, «La Regione ha proposto un aumento del 10% delle rette, noi del 30%. Abbiamo chiesto 85 milioni di euro, presentando le quote aggiornate, ma il Veneto ce ne riconoscerebbe solo 50», precisa. Ma non c’è tempo da perdere perché queste risorse servono anche a far fronte a una riforma dei servizi non più rinviabile.
Riforma dei servizi necessaria
«Nella disabilità cambieranno completamente i servizi nell’ottica della personalizzazione», annuncia Stefano Rizzo (Uneba), «A fianco dei professionisti con competenze più psicologiche ed educative ci vogliono operatori orientati all’accompagnamento nella vita delle persone che seguiamo». In tema di salute mentale adotta toni più gravi. «I bisogni sono crescenti, riguardano tutte le fasce d’età ma gli adolescenti sono quelli che ci fanno stare più in pensiero: abbiamo bisogno di professionisti formati a un’azione di cura che si sviluppa nel lungo periodo», invita Rizzo.
Allarme salute mentale nei giovani
Si sta abbassando l’età media di chi chiede aiuto, perciò vanno rivisti modalità di presa in carico e trattamento. La diagnosi, poi, dev’essere più tempestiva. «È in atto un riassetto complessivo dei servizi, soprattutto i centri diurni per la salute mentale, a fronte di utenti sempre più giovani che si svelano in difficoltà nella provincia di Padova», rileva la portavoce del Forum Veneto del Terzo Settore, Tiziana Boggian. Se prima l’accesso era dai 40 ai 50 anni, ora, dopo il Covid, si parla di 19enni.
«Prima c’era il ricovero psichiatrico, l’arrivo nelle strutture residenziali protette, il passaggio ai centri diurni di salute, ai gruppi di appartamento protetti fino a quelli senza presa in carico socio sanitaria – precisa –. Oggi l’esordio è più precoce e l’invio ai centri diurni di salute mentale avviene in collegamento molto stretto con il centro di salute mentale. Serve un grossissimo investimento sui nuovi servizi. I bisogni sono complessi e la rete familiare non è più quella di trent’anni fa, è più fragile».
