Vladimir Sabourín, la Bulgaria e una disperata ribellione (traduzione di Alessandra Bertuccelli)
Vladimir Sabourín (Santiago de Cuba, 1967) è un poeta, un critico letterario e un traduttore di origine bulgaro-cubana. La sua permanenza a Cuba fu di pochi mesi, il resto della vita lo ha trascorso nel Paese balcanico. Scrive in lingua bulgara, ma non si ritiene un “poeta bulgaro”. Nel 2016 ha fondato la rivista e il movimento letterario Nova Socialna Poezija per contrapporsi, attraverso una poesia politicizzata, alla strumentalizzazione e alla privatizzazione della letteratura. Per la cifra apertamente polemica della sua poesia, Sabourín è ostracizzato: in Bulgaria le sue opere non si pubblicano (o se ne ostacola la pubblicazione), non si distribuiscono, non se ne parla. Sabourín è autore di sette libri di poesia e di diverse antologie poetiche. A parte poche eccezioni, la maggior parte dei suoi libri è edita in proprio.
Le poesie in traduzione sono tratte da L’operaio e la morte ([titolo traslitterato: Rabotnikăt i smărtta], edito nel 2016 da Small Station Press), la sua quinta e più incisiva opera. L’operaio e la morte è un libro di protesta e di sdegno verso il presente, derubato e privato di giustizia, e verso il passato che, storpiato e mercificato, è destinato a un «beato oblio». Sabourín non risparmia nessuno, dal sistema giudiziario alla politica, dagli intellettuali ai cittadini: in nome di una «pacifica transizione» dal regime socialista a quello cosiddetto democratico, «si è fatto esplodere alla svelta» quel «Mausoleo di terra» per costruire «un Grand Mall di mare»; in preda alla paura e all’interesse personale si è accordata «l’eternità» a chi invece avrebbe potuto tutt’al più aspirare all’indulgenza dei posteri (le iniziali “L.L.” nell’ultimo testo stanno per Ljubomir Levčev, poeta bulgaro ben noto per i propri gesti di fedeltà al regime).
Lo spirito di ribellione è tanto forte quanto disperato: nelle 120 pagine di questo libro non è prevista una prospettiva salvifica, nessun redentore – impensabile là dove «i Macellai pronunciano il nome di Dio/ In ogni accoltellamento» –, tuttavia non si può ignorare la presenza di una tensione orientata al dominio dell’assoluto. Lo testimonia “Operai”, un testo ispirato da una fotografia di Sebastião Salgado che ritrae i minatori in una miniera d’oro. Quella «disciplina senza Dio senza padrone», non salva la vita degli operai dall’imminente catastrofe, ma permette loro di mantenere la dignità, di non darsi alla fuga e di continuare concentrati la propria opera. Liberi dalla paura.
È possibile leggere la poesia Vladimir Sabourín in altre traduzioni di Alessandra Bertuccelli: «Internazionale» (n.1448), «L’immaginazione» (n. 336).
A. B.
***
OPERAI
La miniera d’oro è un formicaio
La cui parte superficiale è spazzata via
Svèlta da una straordinaria e invisibile
Ondata di piena che ha lasciato un taglio netto
Una sezione netta che apre la vista
Ai terrazzamenti sotterranei ma non si osserva
L’abituale panico e andirivieni dopo la rimozione
Della pietra e la vita messa a nudo in fuga
Gli operai però non corrono perduta che hanno
La cupola la volta sopra di sé e non sono pietrificati
Distesi in pose difficili a credersi comode
Come i pompeiani ricoperti di lava
Inermi non si danno alla fuga né si pietrificano
Nell’improvvisa catastrofe che li ha colpiti una
Disciplina senza Dio senza padrone vanifica
La salvifica fuga e la pietrificazione.
Stanno lavorando.
ECCLESIASTE
In mezzo a un mattatoio sotto il cielo aperto dell’Africa
Con l’accompagnamento di ciechi musici inneggianti ai macellai
Come leoni re della savana lui è seduto su un trono
Di vecchie gomme usate per strinare il bestiame macellato e
Instancabilmente esorta a onorare Dio come ogni altro
Predicatore di strada i Macellai pronunciano il nome di Dio
In ogni accoltellamento i Portatori vestiti di costole di toro
Come in vesti liturgiche attraversano la poltiglia
Di sangue fango muco interiora ben impastata da migliaia di piedi
Raggiungono i bagagliai delle auto si sbatte il cofano privilegiato accesso
All’altare con l’ultima cena alla fine del cammino di ogni carne.
MUSEO RÉTRO GRAND MALL
Questo è il regno del beato oblio
Del lavoro nella merce museo rétro dei lotofagi
Per carità non mangiarne nel regno sotterraneo
La storia dal 1944 al 1989 sulla superficie totale
Di un Grand Mall di mare sostituto di un Mausoleo di terra
Fatto esplodere alla svelta una ricca collezione di figure di cera
Leader rivoluzionari artisti del popolo mummificati
Automobili perfettamente restaurate come
Direttamente dal lungomare il frangiflutti de L’Havana
Isola dei beati sulla via di casa
Il regno dello straricco Ade.
DISCORSO DI BENVENUTO AL FESTEGGIATO E AI DELEGATI DELLA CELEBRAZIONE DELL’ 80° ANNIVERSARIO DI L.L. NELLA SALA 6 DEL PALAZZO NAZIONALE DI CULTURA
Lui non vuole l’indulgenza
Dei nati dopo
Con qualche rigiro
Di Nietzsche attraverso il Comitato Centrale del Partito comunista lui
Vuole l’eternità
Questi con il loro rigiro
Della nuova sinistra
E della vecchia destra
Nell’eterno meriggio di Pan
Dei possessori del presente
Malavitosi responsabili di fronte alla nazione
Gliela consegnano
(Qualcuno elegantemente attraversa
Il lupanare comunista
In parte ricercatore in parte
Antilope non dei paraggi).
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