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Октябрь
2024

Il francese “La Sultane de l'amour”: quando il muto era colorato a mano

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È sbagliato credere che il cinema muto fosse in bianco e nero. Molti film erano vivacemente colorati, al “pochoir” (colore applicato manualmente sul fotogramma con pennellini o tamponi) o con tinture. Ne è un esempio il lungometraggio francese “La Sultane de l'amour”, 1919, visto mercoledì sera: una storia esotica in cui le splendide colorazioni al pochoir (e tintura) sono una gioia per gli occhi e forniscono buona parte (noi arriveremmo a dire i tre quarti e oltre) del fascino del film. Racconto ispirato alle “Mille e una notte”, per i costumi sfrutta i colori più vivi.

Che giubbe porpora o color prugna! Che turbanti rosso vivo o verde erba! Camicie turchese o giallo paglierino! Ma anche un tramonto rosso fuoco in tintura, che la didascalia connette alla sete di sangue del sultano malvagio. Perché il film racconta (con un occhio alla narrazione digressiva delle “Mille e una notte”) del crudele sultano Malik che imprigiona e tormenta una principessa che non vuole sposarlo. France Dhélia porta al ruolo della principessa forza di carattere e anche un tocco di erotismo. Paul Vermoyal, il sultano, conferma la regola che al cinema in genere il cattivo è più interessante dell'eroe. E nel ruolo di uno spietato guerriero al suo servizio (certi freddi sorrisi a bocca chiusa che non raggiungono gli occhi!) rivediamo Gaston Modot, un grande del cinema francese, per lo più caratterista, ma centrale in due massimi capolavori, “L'Age d'or” di Bunuel e “La regola del gioco” di Renoir.

Sultana dell'amore, amore tragico, fu anche Anna May Wong, che scherzava sul fatto di morire in tutti i film. Le Giornate 2024 celebrano questa grande diva cinese (tutti la ricordiamo a fianco di Marlene Dietrich in “Shanghai Express”), unica star cinese a Hollywood, attiva negli Usa e in Europa. Sempre mercoledì abbiamo ammirato la sua bravura di attrice, per non dire della sua bellezza, nel film tedesco-inglese “Song”. Il cupo John salva e protegge la derelitta Song, che si innamora di lui; ma John ama ancora Gloria, che lo ha abbandonato. È un super-melodramma con tutti i crismi e le situazioni del genere, dal passato che ritorna all'amore infelice, dal sacrificio alla cecità, con Song che pietosamente finge di essere “l'altra” per John diventato cieco.

L'attore tedesco Heinrich George disegna bene il ritratto dell'innamorato bestiale e geloso, alla Wallace Beery, ma è Wong che domina il film. Possiede una capacità mimica eccezionale e sebbene reciti una parte drammatica ha la capacità di fare appello allo spettatore con quei tocchi che gli americani chiamano “cute” (sarebbe “grazioso”, ma non rende appieno). Azzardiamo un'ipotesi: che Wong avesse studiato attentamente lo stile interpretativo di Lillian Gish. In ogni modo, vederla sullo schermo è un continuo, ammirato piacere.